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Petrolio: Arabia e Russia tagliano la produzione, ma il mercato è scettico sull’aumento dei prezzi

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Sta accadendo qualcosa di strano nel mercato del petrolio. L’Arabia Saudita estenderà i suoi tagli volontari alla produzione per un altro mese e forse oltre, e la Russia  ha affermato che ridurrà le esportazioni di mezzo milione di barili al giorno. Più di un milione di barili al giorno in meno di produzione, ma, nonostante tutto, i prezzi del petrolio non crescono come ci si attenderebbe. 

Gli operatori stanno vendendo le loro posizioni petrolifere invece di incrementarle in previsione della crisi dell’offerta. Invece cercano di alleggerirsi, temendo che il calo della domanda per la crisi economica incombente sarà superiore al taglio della produzione attualmente realizzato.

Il Wall Street Journal ha riportato questa settimana che il mercato dei futures del Brent è entrato in contango, il che significa che i prezzi a pronti del greggio di riferimento sono scesi al di sotto del prezzo dei futures. Ciò suggerisce che gli operatori non si aspettano una stretta sull’offerta a breve.

Gli ultimi dati sulla manifattura,  pubblicati nei giorni scorsi, hanno rivelato che l’attività delle fabbriche è crollata in tutte le regioni, in particolare in gran parte dell’Asia e dell’Eurozona, oltre che nel Regno Unito. L’attività è aumentata in Cina, ma sembra che l’incremento sia stato troppo basso per impressionare i commercianti di petrolio.

Se a ciò si aggiunge il fatto che le banche centrali continuano a concentrarsi sul rialzo dei tassi come cura per l’inflazione, le prospettive di crescita economica per alcuni dei maggiori mercati petroliferi del mondo non sembrano buone, e il comportamento dei trader lo conferma.

John Kemp di Reuters, nella sua ultima rubrica sul trading petrolifero, ha affermato che il sentimento dei trader istituzionali non era così negativo dal 2020, quando la risposta dei governi alla pandemia fece crollare i prezzi del petrolio, mentre le serrate distruggevano la domanda.

La posizione netta degli operatori istituzionali sui tre contratti di greggio più scambiati (Brent, NYSE WTI e ICE WTI) era scesa a 205 milioni di barili alla fine di giugno. Si tratta del valore più basso dall’inizio delle registrazioni nel 2013, ha osservato Kemp.
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Sembra che, nonostante le previsioni contrastanti sulla domanda di petrolio nella seconda metà dell’anno, gli operatori abbiano scelto la strada del pessimismo. L’OPEC e persino l’Agenzia Internazionale dell’Energia, così come la maggior parte delle banche d’investimento, prevedono una ripresa della domanda. Tuttavia, il mese scorso la Banca Mondiale ha avvertito che la crescita globale rallenterà durante lo stesso secondo semestre, trascinata dall’inflazione e dalla risposta delle banche centrali ad essa.
È interessante notare che le previsioni della Banca Mondiale non sono poi così pessimistiche. Anzi, nel suo ultimo aggiornamento ha rivisto al rialzo le prospettive per l’economia globale. Tuttavia, il pessimismo della domanda sembra essere diventato un punto fermo dei mercati petroliferi negli ultimi tempi, mantenendo i prezzi più bassi nonostante gli impegni per il taglio della produzione.

Le cose potrebbero comunque cambiare nel corso dell’anno.Nonostante la recessione dell’eurozona, la ripresa più lenta del previsto della Cina e i dubbi sulla crescita degli Stati Uniti, il mondo continua a consumare petrolio. Prima o poi, i tagli alla produzione inizieranno a influenzare i prezzi. A meno che le prospettive della domanda non diventino ancora più fosche di quanto non sembri ora, in base al comportamento dei commercianti di petrolio.

Quindi se la domanda si dimostrasse resistente di fronte alle sfide del rallentamento economico, i prezzi potrebbero invertire rapidamente e bruscamente la rotta. Kemp della Reuters ha scritto che “l’estremo pessimismo verso i prezzi del greggio e le posizioni sbilanciate stanno creando il potenziale per un rally esplosivo in futuro”: infatti nessuna posizione è più pericolosa che quella in cui i prezzi calano per una attesa di riduzione della domanda che non si realizza, ma  che nel frattempo ha già condotto ad un taglio dell’offerta difficilmente reversibile. 

 


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