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Terzo round di negoziati a Istanbul: preparazione di un meeting Zelensky Putin

Il terzo round di colloqui di pace tra Russia e Ucraina a Istanbul porta a scambi di prigionieri, ma l’ultimatum di Trump e le divergenze sul cessate il fuoco mantengono alta la tensione. Scopri gli sviluppi.

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Istanbul è stata ancora una volta il palcoscenico di un incontro tra i negoziatori di Russia e Ucraina, nel terzo round di colloqui di pace mediati dalla Turchia. Il tempismo di questo vertice era particolarmente teso: è arrivato infatti pochi giorni dopo che il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha lanciato un ultimatum di 50 giorni a Mosca: raggiungere la pace o affrontare “dazi molto severi“.

Nonostante la minaccia americana, il presidente russo Vladimir Putin non ha riconosciuto pubblicamente l’ultimatum. Mosca ha continuato la sua campagna di bombardamenti con droni e missili sulle città ucraine, mentre le sue truppe di terra avanzavano inesorabilmente nell’est. Questo scenario di escalation continua, unito alla pressione internazionale, ha reso l’atmosfera dei colloqui ancora più carica di aspettative e, al contempo, di scetticismo.

I due precedenti round di colloqui a Istanbul, tenutisi a maggio e giugno, avevano già evidenziato le enormi difficoltà nel raggiungere una tregua significativa. Sebbene abbiano facilitato lo scambio di migliaia di prigionieri di guerra e dei resti dei soldati caduti – un gesto umanitario cruciale che ha portato sollievo a molte famiglie – non avevano fatto progressi concreti verso un potenziale accordo di cessate il fuoco.

Prima di quest’ultimo round di mercoledì, le aspettative erano già state ridimensionate dal portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che aveva sottolineato come le posizioni negoziali delle due parti rimanessero “diametralmente opposte“. Una dichiarazione che preannunciava le difficoltà insormontabili che avrebbero affrontato i delegati.

I Risultati: un barlume umanitario nell’ombra dell’Impass

Il punto più concreto emerso è l’accordo per ulteriori scambi di prigionieri, sia militari che civili. Il Ministro della Difesa ucraino ha annunciato un imponente scambio umanitario che coinvolgerà oltre 1200 persone, mentre la delegazione russa, tramite Medinsky, ha confermato un accordo sullo scambio di prigionieri e anche di corpi dei caduti, con un primo scambio di 250 detenuti per parte già in corso al confine tra Ucraina e Bielorussia.  Un risutlato di cui, per fortuna, qualcuno potrà godere.

Tuttavia, al di là degli scambi, le posizioni rimangono distanti su questioni cruciali. L’Ucraina, rappresentata dal Ministro della Difesa, ha ribadito le sue priorità: un cessate il fuoco immediato e l’organizzazione di un incontro al vertice tra i leader Zelensky e Putin entro la fine di agosto. Un tentativo, questo, di portare la crisi al massimo livello decisionale, nella speranza di una svolta. Kiev ha anche sottolineato la necessità di un approccio costruttivo da parte russa per raggiungere la pace, esprimendo gratitudine alla Turchia per i suoi sforzi di mediazione.

Dall’altra parte, la delegazione russa, con Medinsky, ha proposto anche la considerazione di brevi cessate il fuoco e l’istituzione di tre gruppi di lavoro per mantenere una comunicazione online con l’Ucraina. Queste proposte, seppur apparentemente orientate alla distensione, non rispondono direttamente alla richiesta ucraina di un armistizio totale e di un incontro tra i presidenti, lasciando intuire la persistenza di divergenze profonde.

Quindi restano ancora delle profonde differenze fra le parti, apparentemente difficili da sormontare. La proposta di un incontro tra Zelensky e Putin rimane il punto focale della tensione, un drammatico appello a un confronto diretto che potrebbe cambiare le sorti del conflitto, o confermarne l’impasse dolorosa.


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