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Economia

Uno Tsunami sta colpendo il commercio internazionale

Il volume di contaner con prenotazione di trasporto sta precipitando, soprattutto verso gli USA, ma non solo. Una tempesta sta colpendo il mondo del trasporto marittimo

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La tempesta che sta scuotendo il trasporto marittimo mondiale non aveva bisogno di un altro tornado. Gli ultimi annunci del governo americano di giovedì sera su nuove tasse in arrivo per gli armatori che gestiscono navi cinesi mettono ulteriormente in difficoltà gli armatori, le cui operazioni sono in difficoltà dall’inizio del mese. La causa è la guerra commerciale lanciata dal presidente Trump sui dazi doganali con il suo “Liberation Day”.

“Gli ordini di capacità containerizzate provenienti dagli Stati Uniti stanno diminuendo del 50-60% da oltre una settimana”, secondo un importante operatore del settore. ‘Le importazioni statunitensi stanno crollando, e non solo dalla Cina. I grandi rivenditori non si muovono più’. L’epicentro dello tsunami si trova sulla importantissima rotta marittima tra la Cina e gli Stati Uniti, che non aveva mai subito un simile contraccolpo dalla pandemia di Covid-19.

Prezzi container da Cina costa ovest USA (Da BusinessAnalitiq)

Dopo una breve accelerazione in febbraio-marzo legata a uno stoccaggio anticipato, gli annunci sui dazi doganali, il 4 aprile negli Stati Uniti e il giorno dopo con le ritorsioni di Pechino, hanno fatto esplodere la domanda come mai prima d’ora.

La grande maggioranza degli importatori ha preferito temporeggiare, in attesa di maggiore chiarezza sul destino delle loro merci, che arrivano sulle coste americane solo dopo diverse settimane di viaggio. Secondo il direttore commerciale di una compagnia di navigazione, circa il 70% delle spedizioni cinesi verso gli Stati Uniti sono state bloccate o annullate da quando Trump ha firmato i dazi doganali al 145%.

Porti sempre più vuoti

“Onda d’urto tariffaria”

Mentre ieri i tassi di nolo (i prezzi praticati per il trasporto di un container a destinazione) erano un tema importante tra i caricatori, questi ultimi rimangono prudenti e l’attenzione è ora interamente concentrata sull’“onda d’urto tariffaria”, aggiunge Vizion, analista del traffico containerizzato. Tra l’ultima settimana di marzo e la prima di aprile, osserva, le importazioni statunitensi dalla Cina (il terzo partner commerciale del Paese dopo Messico e Canada) sono crollate del 64% e le esportazioni, meno voluminose, del 30%.

L’OMC ha appena previsto un calo dell’80% del commercio di merci tra la Cina e gli Stati Uniti, e lo stato delle prenotazioni presso gli armatori sembra confermare ampiamente questa previsione. Anche a livello mondiale, le ripercussioni sono chiaramente visibili, con un calo delle prenotazioni di container del 18,4% nel brevissimo periodo dal 30 marzo all’8 aprile. La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina sta infatti provocando una serie di effetti collaterali, osservano gli esperti. Si tratta di conseguenze molto difficili da prevedere per gli armatori, che pianificano le diverse scali delle loro navi con molto anticipo.

Da un lato, le merci cinesi potrebbero eludere i dazi doganali proibitivi in Nord America transitando attraverso quelli che un armatore definisce “paesi di collegamento”: Vietnam, India, ma anche Perù o Messico, con quest’ultimo che prevede un trasporto finale su camion.

Una strategia di aggiramento

Si ipotizzano anche delocalizzazioni. Alla recente fiera di Canton, la più grande al mondo, numerosi espositori cinesi hanno promosso le loro capacità produttive nei paesi vicini, nel Sud-Est asiatico, per sfuggire al taglio del 145% delle tasse. Ma questa strategia di aggiramento è considerata prematura da alcuni, e inoltre non tiene conto delle contromisure USA.

“Le catene di approvvigionamento non possono essere riorganizzate dall’oggi al domani. Ciò comporta una logistica complessa, che spesso coinvolge un numero significativo di fornitori. Modificare in profondità questi processi richiede tempo e investimenti importanti. Un semplice cambiamento di approvvigionamento richiederà diversi mesi. Il trasferimento di un impianto industriale dalla Cina a un luogo con dazi più favorevoli può richiedere dai due ai tre anni”, precisa Henri Le Gouis, direttore generale dell’attività ‘freight forwarding’ (commissioni di trasporto) presso la società francese Geodis.

Inoltre non si considera che le trattative bilaterali che gli USA metteranno in atto con i paesi terzi, anche confinanti con la Cina, come il Vietnam, o vicini politicamente a Pechino, come Malesia e Cambogia, verranno a considerare la possibilità di aggiramento dei dazi. Con la possibilità ormai di seguire le catene logistiche in modo completo Washington, in cambio di alleggerimento dei dazi, chiederà l’esclusione completa dei componenti o prodotti Made in China.

“Massacro”

Ciò comporta per i trasportatori marittimi una profonda riorganizzazione delle loro scali, con meno fermate in Cina e più nei paesi circostanti. Il momento è sfavorevole: i grandi armatori stanno ricevendo numerose navi nuove ordinate durante gli anni del Covid e qualsiasi calo della domanda crea un eccesso di capacità di trasporto, minacciando i loro profitti.

Come saranno i depositi di container fra qualche mese (da Unsplash)

Un’altra conseguenza di questo tsunami americano-cinese: se i flussi da o verso l’Europa sono per ora molto meno scossi, le onde potrebbero presto colpire anche i nostri porti. Peter Sand, capo analista della società Xeneta, osserva che molti spedizionieri stanno reindirizzando le loro merci verso i mercati europei, dove c’è da prevedere un’invasione di prodotti cinesi sottocosto che porteranno a un’ondata deflattiva.

Considerando le capacità marittime record che questa settimana stanno lasciando l’Estremo Oriente per fare rotta verso il Nord Europa, egli prevede già un potenziale “massacro” tra poche settimane, quando queste navi attraccheranno in porti già congestionati come Rotterdam, Anversa o Amburgo. Un effetto domino che nessuno aveva previsto prima del “Liberation Day”.


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