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RENZI, VITTORIA PER SQUALIFICA

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Il successo del Pd ha una spiegazione

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La maggior parte dei commenti sui risultati italiani delle elezioni europee è allineata su due dati incontrovertibili: il trionfo di Matteo Renzi e il fiasco di Beppe Grillo. E su di essi si ricama in tutte le direzioni: la solidità del governo, l’improbabilità di elezioni a breve termine, la sorte delle riforme. Insomma la situazione politica italiana in generale: come se domani dovessimo ridistribuire i seggi in Parlamento secondo il recente voto.

Non è detto che questa sia la chiave di lettura giusta. Non soltanto le elezioni erano europee e non italiane; non soltanto gli italiani avevano chiarissimo che esse non avrebbero influenzato la situazione politica italiana (cosa che spiega l’astensionismo), ma probabilmente i risultati che leggiamo non indicano nemmeno le tendenze d’opinione dell’elettorato. Il voto potrebbe essere stato più di negazione che di affermazione politica. Come del resto è avvenuto in Francia.

Gli italiani non sono pensatori al livello di Alexis de Tocqueville ma non sono neanche degli imbecilli. Lo stupefacente consenso manifestato per il partito di Grillo nel 2013 si spiega con un tanto acre e profondo disprezzo per la politica da far dire a molti che “peggio non potrebbe andare”. E allora votiamo per “un comico che dice ai politici le parolacce che vorremmo dirgli noi”. Fra l’altro, il messaggio era quello di un cambiamento radicale, pressoché rivoluzionario, e una massa di delusi e preoccupati si è detto: “Vuoi vedere che Bertoldo magari riesce dove non è riuscito Cavour?” L’elettorato era deluso tanto dalla sinistra quanto da Berlusconi ed era ridotto a sperare l’inverosimile. Il voto del 2013, prima ancora che a favore di Grillo, era una bocciatura per gli altri partiti e la manifestazione di un’incerta speranza.

Poi il M5S andò in Parlamento e non concluse nulla. Perché non poteva concludere nulla, data l’attuale macchina dello Stato. Ma per i suoi elettori questa fu una notizia. Essi avrebbero potuto dire a Grillo: “Siete al governo e non abbiamo visto niente di nuovo” e il comico cercò di schivare questa critica mantenendo la verginità del Movimento. Non alleandosi con nessuno e rinviando i miracoli al momento in cui il suo partito avrebbe potuto governare da solo. Fu un errore. A tutto ciò aggiunse l’atteggiamento dittatoriale nei confronti dei suoi parlamentari, la ripetitività dei comizi e degli insulti. Per non parlare di progetti utopici e in qualche caso antidemocratici, divenuti parossismo durante l’ultima campagna elettorale. Grillo era sicuro dei voti già ottenuti e convinto di catturarne altri. Ha sbagliato ambedue le previsioni.

Il demagogo non si è reso conto che il suo Movimento è apparso inutile, in Parlamento. Se si è sempre contro tutti, è come se non si esistesse, si diviene un rumore di fondo fastidioso e dopo tutto ininfluente. E di ciò si sono accorti anche in molti. Per giunta, con la sua campagna gridata, Grillo, è riuscito ad allarmare molti italiani e a disamorare parecchi dei suoi elettori. Molti di loro, temendo di essere i soli a non sperare più in Grillo, e non credendo Berlusconi capace di arginarlo, hanno votato contro di lui senza disperdere i loro voti: cioè si sono turati il naso ed hanno sbarrato il simbolo del Pd. Fra l’altro, questo partito, meno estremista di un tempo, ha fatto sorgere molte speranze. In un certo senso, è come se il voto che prima è andato a Grillo, ora sia andato a Renzi, per le stesse ragioni. E con la stessa volatilità.

Guardando i risultati elettorali, prima di parlare di successo di Renzi bisognerebbe parlare di voto di contenimento del M5S di cui ha soprattutto beneficiato il Pd. A questo dato se ne aggiunge un secondo. Renzi, venditore abilissimo anche se ciarlatanesco, ha promesso la Luna, ha parlato di una riforma epocale al mese, ed ovviamente non ha realizzato niente. Ma gli italiani hanno troppo buon senso per rimproverarglielo. Sanno bene che nessuno può fare miracoli in così poco tempo. Ma Renzi appare sinceramente intenzionato a provarci e allora ecco il voto della speranza. Grillo è una bolla di sapone, Berlusconi è fuori gioco (e comunque non gli consentirebbero mai di fare le riforme che forse saranno consentite al giovane Matteo), e allora concediamogli un’apertura di credito. Un po’ come il Premio Nobel per la Pace assegnato ad Obama quando ancora non aveva fatto nulla. Ti premio prima che tu lo meriti, nella speranza che lo meriti in seguito.

L’attuale successo di Renzi, come il successo di Grillo nel 2013, non sono significativi per le future elezioni politiche. Quella è una partita che rimane interamente da giocare.

Gianni Pardo, pardo.ilcannocchiale.it

26 maggio 2014


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