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Philipp Heimberger: l’Italia è stata costretta a vivere al di sotto delel sue possibilità

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From Output to Outcomes

 

Esiste un economista, e pure austriaco, che contesta con dati e con forza le politiche economiche della Commissione, basate sull’Output Gap, e scritte apposta per limitare forzatamente la spesa pubblica italiana anche in presenza di una forte disoccupazione. Un’osservazione che i lettori di Scenari conoscono bene, anche per gli studi di Robin Brook,

L’Italia è forse l’unito paese al mondo a NON essere cresciuto ed aver visto un aumento dell’output gap, come se fossimo stati bombardati dagli alieni, o dai tedeschi.

Torniamo a Heimberger, che sarà presente e relatore  a Roma all’evento  Rebalancing Europe del prossimo  12 luglio. Vediamo un’estratto di un’intervista a Heimberger:

Da tempo, e non da solo, segnali gli errori commessi dalla Commissione Europea nel calcolo di alcuni parametri alla base delle regole fiscali che gli Stati membri, Italia compresa, sono costretti ad adottare. Puoi spiegare in parole semplici di cosa si tratta?

Partiamo da questo: sebbene il tasso di disoccupazione fosse vicino al 10% e l’inflazione molto bassa prima dell’arrivo del coronavirus la Commissione non ha visto nessun sottoutilizzo delle risorse economiche in Italia. In termini tecnici, la Commissione ha affermato che non esiste un “output gap”, ovvero non c’è un sottoutilizzo di capacità produttiva, e quindi l’economia italiana sta producendo al massimo della sua potenzialità senza generare tensione sui prezzi. Peccato che l’output gap non è un parametro osservabile e la Commissione ha fornito stime che sono state fortemente contestate. 

La Commissione per imporre le proprie politiche economiche restrittive si è basata su  calcoli unilaterali, dubbi e contestabili. Andiamo avanti:

Eppure Bruxelles ha opposto resistenza. Anche diverse ricerche scientifiche, e non da oggi, mettono in dubbio i calcoli della Commissione.

La ricerca suggerisce che i problemi di calcolo hanno portato a una distorsione sistematica: i decisori politici di Bruxelles hanno utilizzato stime dell’output gap troppo piccole, suggerendo così che misure fiscali espansive non potessero stimolare l’attività economica senza causare un “surriscaldamento” del mercato del lavoro e dell’economia. La presidente della Bce Lagarde ha riconosciuto l’errata misurazione dell’output gap in un recente discorso. La conseguenza è stata che la politica fiscale in Italia e in altri paesi dell’Ue è stata viziata per anni da una austerità distorsiva.

Si è quindi innescato un circolo vizioso, politiche fiscali restrittive hanno aggravato i problemi finanziari dell’Italia dalla crisi del 2008 in poi.

Prima dell’inizio della crisi finanziaria, la Commissione stimava un trend di crescita costante di ciò che l’economia italiana poteva produrre senza innescare un’inflazione fuori controllo. Tuttavia, con l’aggravarsi della crisi economica la Commissione in più fasi ha rivisto al ribasso le stime ufficiali della produzione potenziale dell’Italia. L’output gap è stato quindi considerato molto ridotto. Ciò ha prodotto ulteriori pressioni per un aggiustamento fiscale. 

La ricetta si è rivelata sbagliata.

Quando ci sono elevata disoccupazione e pressioni deflazionistiche non è un buon momento per tagliare la spesa pubblica e aumentare le tasse. In periodi avversi, il consolidamento fiscale porta a una crescita più bassa, a un aumento della disoccupazione e a gettiti fiscali inferiori. 

Del resto abbiamo provato sulla nostra pelle dieci anni di recessione causata dalle politiche di austerità volute dalla Commissione, e c’è voluta la crisi del Covid-19 per spezzare questo velo di ipocrisia europeista. Però ricordate che sono giorni che i media tedeschi continuano a battere sulla necessità di ritornare ai vincoli di bilancio, perché così ci metterebbero subito in difficoltà con l’austerità. Allo stesso modo l’Italia deve opporti con le unghie e coi denti a queste misure.

 


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