Politica
La sconfitta ai referendum rafforza il governo e indebolisce ulteiormente la Schlein

“ Diciamoci la verità, era chiaro che il referendum non fosse, come diceva la Schlein un avviso di sfratto al governo Meloni, ma una chiara resa dei conti all’interno della sinistra. Landini sperava che nei referendum per accreditarsi come leader del centro sinistra proprio al posto della Schlein. E in tutto questo il furbo Giuseppe Conte, probabilmente sorriderà sotto i baffi a vedere le facce dei due grandi sconfitti di questa tornata referendaria” l’analisi fatta da un vecchio senatore di Forza Italia fatta a microfoni spenti, analizza molto bene il quadro sul significato del voto referendario all’interno del campo largo. Era abbastanza evidente come il referendum fatto per abrogare le uniche riforme sul lavoro fatte dal centrosinistra negli ultimi vent’anni, sarebbe stato divisivo soprattutto nel campo largo. I riformisti del Pd avevano già fatto sapere la loro contrarietà soprattutto su quello relativo al Jobs act di Matteo Renzi, che non a caso ha definito i quesiti come ideologici.
Un deputato molto vicino al leader di Italia Viva, che fa parte dei riformisti, lo dice a mezza bocca “ Era scontato che non si arrivasse al quorum, ma questo risultato rappresenta una prima vera sconfitta della politica massimalista della Schlein, che adesso dovrebbe convocare una direzione, in cui dovrà dare delle spiegazioni.” Insomma per la segretaria Pd, la cui posizione già non era proprio solidissima, per usare un eufemismo, questo risultato dei referendum forse rappresenta la vera prima grande sconfitta da quando guida il Partito democratico. Come dice giustamente Elisabetta Gualmini, eurodeputata del Pd, non proprio vicinissima alla Schlein, lestissima, dopo pochi minuti dalla chiusura dei seggi, a definire quello della Schlein come un “clamoroso autogol” e chiedendo una discussion interna al partito “Aver mobilitato tutto il partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva ‘correggere gli errori del vecchio Pd’ si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stessi. Aver rotto l’unità sindacale in una rinnovata cinghia di trasmissione con un solo sindacato (Cgil), pur con rispetto, un altro errore. Doveva essere uno sfratto a Meloni. Non pare vada cosi.” le dure parole della esponente del Pd.
Ma evidentemente la segretaria del Pd, forte delle vittorie alle amministrative, ha pensato che un buon risultato al referendum ( in cuor suo non ha mai puntato al raggiungimento del quorum, perché avrebbe rafforzato troppo colui che per primo li ha promossi, e cioè Maurizio Landini, che molti vedono come un suo potenziale rivale per la leadership del centro sinistra), potesse in un colpo solo mettere a tacere la fronda riformista al suo interno e potesse anche mettere in una qualche difficoltà il governo. Ma i suoi calcoli si sono scontrati con un risultato che ora la mette davvero in una posizione scomodissima. Qualcuno obietta che la vera sfida sarà alle regionali, ma è chiaro che in questi quattro mesi che ci separano dal voto, ci sarà un lento ma inesorabile logoramento dall’interno della segreteria. Perchè se è vero che il centrosinistra parte strafavorito in tre Regioni su cinque, e se la può giocare sulle Marche, considerati un pò come l’Ohio italiano.
L’apertura di Fdi al terzo mandato potrebbe comunque rimescolare le carte, soprattutto in Campania, dove proprio la segretaria ha creato una divisione pesante all’interno del partito in Campania. Un altro errore clamoroso commesso dalla Schlein è stato quello di voler dare al referendum un rilievo politico nazionale. “ avviso di sfratto” aveva ribadito qualche giorno fa la segretaria del Pd. Purtroppo per lei ora le cose inevitabilmente si ritorcono contro, e se non è un avviso di sfratto per lei, certamente la sua leadership esce fortemente ammaccata da questa cocente sconfitta. A certificare questo stato di cose è arrivata la dichiarazione del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il vero braccio destro della premier, che parla poco ma quando lo fa le sue parole sono pesanti come macigni “ Le opposizioni hanno voluto trasformare i 5 referendum in un referendum sul governo Meloni. Il responso appare molto chiaro: il governo ne esce ulteriormente rafforzato e la sinistra ulteriormente indebolita”.
Ma oltre alla Meloni che esce appunto ulteriormente rafforzata da questa tornata referendaria, anche nel campo largo c’è chi tutto sommato non si straccerà le vesti per questo deludentissimo risultato. Primo tra tutti Giuseppe Conte, che non a caso è stato tra i più timidi sostenitori dei requisiti referendari, su uno dei quali quello sulla cittadinanza non si era nemmeno espresso, lasciando libertà di voto. Ma anche Matteo Renzi certo non si rammaricherà eccessivamente, per usare un eufemismo, per questo risultato assai deludente. Senza contare come questo risultato non potrà che rafforzare la tesi di chi, come Carlo Calenda, pensa che sia impossibile costruire una vera e credibile alternativa al governo Meloni, avvicinandosi alle idee massimaliste di Landini, Conte, Bonelli e Fratoianni. Insomma la dura sconfitta di questo referendum potrebbe avere l’effetto di spaccare nuovamente il campo largo ( dopo le vittorie alle amministrative) e mettere nuovamente in discussione la sua tenuta in vista delle prossime elezioni regionali. Un capolavoro alla rovescia, si potrebbe chiosare, quello compiuto da una segretaria del Pd, che ancora una volta, mostra di dare ulteriore forza a chi, a sinistra e non solo, e sono sempre di più, continua a considerarla come sostanzialmente inadeguata nel ruolo di potenziale candidata premier del centrosinistra unito ( sempre ammesso che ci si riesca mai a costruirlo per le politiche).
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