Economia
La Germania ha buttato via 300 miliardi abbandonando il nucleare. Il risultato di una ricerca fa infuriare i tedeschi
Uno scienziato svedese calcola che la germania avrebbe speso 300 miliardi in più, dal 2002 , per la decisione di abbandonare il nucleare, e i tedeschi si arrabbiano…
La Germania si vanta di essere all’avanguardia, di prendere sempre le scelte giuste, di essere sempre dalla parte giusta, anche quando ha preso, sola quasi al mondo, la posizione più decisa contro il “Cambiamento climatico” e decidendo di perseguirla con una transizione enegetica decisa e senza nucleare. Così, qualche anno fa, ha deciso di intraprendere un percorso ambizioso: abbandonare l’energia nucleare e abbracciare le fonti rinnovabili. Un progetto nobile, certo, ma che ha sollevato non poche polemiche.
Ora, a distanza di anni, c’è chi si chiede: è stata davvero la scelta giusta?
A gettare benzina sul fuoco dellaci ha pensato Jan Emblemsvåg, uno scienziato norvegese che con il suo studio ha messo in discussione la transizione energetica tedesca e lo ha fatto con un paper scientifico pubblicato su Journal of Sustanaible Energy . Secondo i suoi calcoli, la Germania avrebbe potuto risparmiare una montagna di soldi continuando a puntare sul nucleare: infatti la Germania, avrebbe speso 696 miliardi di euro per le rinnovabili, mentree avrebbe potuto spendere solo 364 milairdi di euro puntando sul nucleare per ottenere lo stesso risultato.
Ma come è arrivato a questa conclusione? Emblemsvåg ha preso in esame i costi sostenuti dalla Germania per l’energia solare ed eolica tra il 2002 e il 2022, e li ha confrontati con quelli che sarebbero stati necessari per mantenere e sviluppare l’energia nucleare. E il risultato, a suo dire, è impietoso: il nucleare sarebbe stato molto più economico.
Una pioggia di critiche al paper
Le critiche non si sono fatte attendere. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Fraunhofer, in Germania, ha smontato pezzo per pezzo lo studio di Emblemsvåg, accusandolo di aver commesso un errore madornale: aver contato i sussidi statali per le energie rinnovabili come parte del costo. Un po’ come se, comprando un’auto a rate e ricevendo un aiuto dai genitori, si sommasse il costo delle rate all’aiuto ricevuto, facendo lievitare il prezzo finale.
Insomma, un pasticcio secondo i critici, ma si tratta di critici di parte: appare ovvio che i soldi dei contributi siano stati un costo, e che questo debba essere considerato. Altrimenti, se pagasse tutto lo stato, avremmo apparentemente un costo zero. Del resto è evidente che l’energia elettrica, anche in germania, sia stata letteralmente sommersa dalle tasse imposte per garantire la transizione alle rinnovabili, come si può notare dal seguente grafico:
Inoltre il ricercatore svedese è stato accusato di aver considerato i costi delle costruzioni delle centrali cinesi o sud coreani. Perché questo è un problema? I casi sono due, nel caso di costruzione di una centrale:
- o si tiene una vera gara internazionale che, come avvenuto in Cechia, vedrebbe veramente probabilmente vincere i Sud Coreani, per cui la premessa di Emblemsvåg è corretta;
- oppure la Germania avrebbe potuto decidere di prendere in mano la questione e di costruire direttamente, come iniziativa statale, le centrali, e in questo caso però si sarebbero dovute considerare, in senso positivo, sia le ricadute legate all’effetto del moltiplicatore fiscale per gli investimenti fatti nell’inudstria nazionale, sia si sarebbe dovuto considerare la ricaduta a livello di know how w di competitività internazionale di una Germania attiva e competitiva nel settore nucleare.
Comunque è interessante che finalmente qualcosa si stia muovendo qualcosa in Germania, e che la lingua batta dove il dente duole. Era ora…
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