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La crisi economica taglia l’ossigeno anche al cibo Bio

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Kuznets aveva ragione, e vi rimandiamo alla fine per la spiegazione completa. In Francia i produttori BIO tremano. Come riporta Le Monde la crisi ci ha colpito duramente, tanto che molti consorzi e società che producono BIO, come Bretagne Viande Bio (BVB), hanno dovuto limitare la produzione e l’associazione di nuovi operatori perché non c’è domanda di prodotto ecologico a un costo superiore. Anzi ci sono stati casi di produttori obbligati ad abbandonare la certificazione bio.

Questo esempio illustra la grave crisi in cui versa l’agricoltura biologica, nel contesto del forte rallentamento dei consumi francesi e di una maggiore senssibilità ai prezzi. Se i segni di un rallentamento erano già percepibili nel 2021, nel 2022 si sono accentuati. “Quasi 600 milioni di euro sono evaporati nel giro di un anno e il mercato del biologico è sceso a 12,076 miliardi di euro”, afferma Laure Verdeau, direttrice di Agence Bio, l’ente pubblico responsabile del coordinamento dell’ecosistema biologico. “Di conseguenza, la percentuale di francesi che consumano alimenti biologici è scesa dal 6,4% al 6%”.

Secondo i dati pubblicati giovedì 1° giugno dall’Agence bio, i francesi hanno messo nel carrello dei supermercati meno prodotti con certificazione Bio. Le vendite nei supermercati sono diminuite del 4,6%. Tuttavia, i supermercati rimangono il canale principale per la commercializzazione dei prodotti biologici, con il 53% delle vendite totali.

Un ritorno ai prodotti “Normali”

Anche i clienti fedeli dei negozi specializzati come Biocoop e La Vie claire hanno cercato di tenere i soldi nel portafoglio. In questi negozi hanno pagato l’8,6% in meno. Un’altra cattiva notizia è che la quota di alimenti biologici nel settore della ristorazione, già ridotta a una frazione minima, è diminuita ulteriormente, passando dal 2% all’1%. Gli unici punti positivi, evidenziati dall’Agence bio nel suo rapporto annuale, sono il buon andamento delle vendite dirette, in crescita del 3,9%, e il guadagno di quote di mercato nella ristorazione collettiva, con un incremento del 18%. Ma questo non basta a compensare la flessione del mercato.

Questo improvviso rallentamento, che sarà particolarmente evidente nel 2022, dopo anni di crescita a due cifre, ha colto di sorpresa tutti gli attori del settore biologico. Tutti i settori – uova, latte, carne suina, frutta e verdura e cereali – sono stati messi in subbuglio. “Siamo passati da una produzione di 630 milioni di litri di latte a 1,3 miliardi di litri in cinque anni”, afferma Nathalie Delagnes, un’allevatrice dell’Aveyron con 50 vacche da latte e presidente della cooperativa Biolait, che raccoglie il latte a livello nazionale.

Le famiglie devono fare i conti con l’inflazione

La Francia è stata uno dei paesi europei meno colpiti dall’inflazione, soprattutto per la politica energetica che ha forzatamente contenuto la ricaduta dei costi sulle bollette, ma comunque l’inflazione è stata superiore al 5%. L’aumento delle remunerazioni nominali non è riuscito a seguire i prezzi, anche se comunque ci sono stati degli aumenti, e quindi le famiglie devono scegliere dove tagliare i propri consumi. Il Bio, evidentemente visto come un lusso, è stato il primo settore ad essere messo da parte.

Kuznets aveva ragione

L’applicazione al settore della preservazione della natura dell’ipotesi della curva di Kuznets dà una spiegazione alla situazione attuale e dovrebbe far fargionare diversamente i leader politici.

Kuznets negli anni 50 e 60 ipotizzò che l’aumentare del reddito pro capite avrebbe migliorato al sua distribuzione. Applicato all’ambiente abbiamo la teoria che ad un certo punto, all’aumento del reddito pro capite, si può assistere ad un miglioramento nella tutela dell’ambiente. Una società più ricca a livello individuale, soddisfatti i bisogni primari, può permettersi di tutelare l’ambiente, mangiare bio, etc. Kuznets viveva in un mondo di redditi personali crescenti, ma la curva può funzionare anche al contrario: meno reddito, meno bio, meno tutela ambientale.

Eccco perché un governante dovrebbe occuparsi dei redditi delle persone e non degli “Obiettivi ambiziosi” carbonici…

 


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