Attualità
IL FALLIMENTO DEL NIRP E’ IL FALLIMENTO DEL MONETARISMO E DI FRIEDMAN ?
Per la prima volta la NIRP, negative interest rate policy, la politica monetaria espansiva, è stata vista avere un qualche successo in Svezia, uno stato fra i primi a vederla applicata.
I dati sembrano interessanti:Crescita del PIL +3,9 % Su base annua. Un risultato eclatante, che tra l’altro umilia l’italico +0,6%, ma son solo rose ? Non ci sono aspetti negativi ?
In realtà la crescita è stata accellerata da un fenomeno molto preoccupante, una bolla immobiliare:
La crescita dei prezzi immobiliari è stata del 18 % su base annua, un segnale estremamente preoccupante come nota la banca HSBC.
In realtà molti analisti bancari stanno mettendo in evidenza come i tassi di interesse negativi non abbiano effetti o, come nel caso nordico, abbiano delle controindicazione molto forti.
In generale molti fanno notare come, se il quantative easing è stato piuttosto efficace , soprattutto nelle sue fasi iniziali, il NIRP lo è stato molto meno.
vediamo invece cosa è accaduto con il NIRP, i tassi negativi
Micheal Barr in un paper per JP Morgan si è addirittura spinto ad ipotizzare che la BCE dovrebbe, e potrebbe, spingere i tassi negativi al -4,5% con alcuni aggiustamenti nelle riserve per tentare di ottenere dei risultati. Un valore che mette i brividi per gli effetti che potrebbe avere sulla moneta e sul sistema creditizio.
Ora tutti questi analisti sono di provenienza bancaria, cioè provengono dal settore che più ha sofferto per l’applicazione prima della politica dei tassi di interesse zero (Zirp) ed ora per i tassi negativi (Nirp), per cui la loro visione è da prendere cum grano salis, ma effettivamente i tassi negativi non stanno avendo gli effetti sperati. Se anche le banche centrali portasse i tassi a livelli inferiori gli istituti di credito non trasmetterebbero la negatività ai clienti, piuttosto si gonfierebbero di qualsiasi attività finanziaria possibile (titoli di stato, titoli industriali, carte commerciali, valute estere) spegnendo quindi l’effetto del NIRP o diffondendolo all’estero.
Tutto questo potrebbe essere visto, in un certo senso, come la vittoria della politica fiscale sulla politica monetaria. Quest’ultima, a partire dagli anni ’80, è stata vista come la regina nella regolazione degli squilibri economici: in un certo senso l’evoluzione attuale delle banche centrali indipendenti è stata l’implementazione di questa visione puramente monetaristica, in cui l’istituto centrale poteva guidare l’economia nonostante, o addirittura in alcuni casi, contro , la politica.
Il problema è che , evidentemente, anche la politica monetaria ha dei limiti, e molto forti: lavora bene in un ambiente economico “anni 80 – 90”, cioè quando vi è un’inflazione, o tassi di sconto, del 5%. In questo caso la banca centrale ha un ampio margine di intervento e la sua azione può essere molto sensibile . Però quando gli stimoli monetari sono usati e strausati, come indicano i due primi grafici pubblicati, cessano di essere efficaci.
Il troppo monetaristico stroppa, e dovrebbe essere sostituito da un po’ di cura fiscale, magari sotto forma di investimenti pubblici e privati. Purtroppo in Europa tutto questo resta un mito….
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