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Gli USA interverrebbero a difendere la Guyana dal Venezuela?

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Ieri sono partiti i colloqui fra Venezuela e Guyana sull’Essequibo, per evitare un conflitto militare fra le due parti. A parole tutti vorrebbero la pace, ma le risorse petrolifere fanno gola a Caracas.

La disputa territoriale sulla regione dell’Essequibo, in Guyana, risale al 1840 ed è stata apparentemente risolta con il lodo arbitrale di Parigi del 1899, ma si è riaccesa con la scoperta di enormi riserve energetiche al largo delle sue coste all’inizio del XXI secolo.
La questione è stata esacerbata dal Venezuela e dai suoi alleati nel 2022-23 per una serie di motivi e con modalità che hanno infranto anni di accordi e negoziati bilaterali e multilaterali tra i due Stati.

Il Comando meridionale degli Stati Uniti ha messo nel mirino la nuova controversia e il governo britannico e il Commonwealth sono stati sollecitati ad agire. Del resto la Guyana è ancora parte di questo patto e prima degli USA dovrebbe essere il Commonwealth a intervenire. Nel frattempo però il Southern Command  ha iniziato a condurre operazioni di volo congiunte con le Forze di Difesa della Guyana, inviando un messaggio chiarissimo al Venezuela. Il Segretario di Stato americano Antony Blinken ha detto al Presidente della Guyana Mohamed Irfaan Ali che gli Stati Uniti avrebbero sostenuto “la sovranità della Guyana e la nostra solida cooperazione economica e di sicurezza”.

Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha criticato la Guyana per aver coinvolto gli Stati Uniti, pur sapendo che si trattava di una conseguenza inevitabile del rafforzamento militare venezuelano al confine con la Guyana. Però diverse grandi società energetiche statunitensi sono interessate al risultato, data la loro partecipazione a uno dei più grandi nuovi giacimenti petroliferi del mondo.

Il conflitto ha anche un aspetto globale: da un lato può essere il primo lancio dell’alleanza AUKUS, nata per contenere Russia e Cina sui mari, dall’altro è chiaro che la Russia e l’Iran, che in passato hanno assistito anche militarmente il Venezuela, vogliono usare questo conflitto per distrarre gli USA dall’impegno in Ucraina e a Gaza.

L’improvviso riemergere della prospettiva di un imminente conflitto militare tra il Venezuela e la vicina Guyana è quindi più un riflesso delle strategie più ampie della Repubblica Popolare Cinese (RPC) e dell’Iran, piuttosto che un riflesso del lodo arbitrale di Parigi del 1899 che sostiene di essere. Sì, c’è una componente genuina di nazionalismo venezuelano e di competizione per il territorio, ora che le riserve di gas e petrolio della Guyana nella regione contesa sono note per essere tra le più importanti al mondo.

Il fatto che il Venezuela debba affrontare un’elezione presidenziale nel 2024 è altrettanto significativo e richiede che il Presidente Maduro abbia fatto una campagna elettorale su linee nazionaliste e sulla promessa che le nuove coperture energetiche avrebbero rilanciato l’economia. Ma i venezuelani sanno che le vaste riserve energetiche nazionali – in gran parte petrolio pesante piuttosto che il greggio leggero dei nuovi giacimenti della Guyana – sono state gestite male dal governo Maduro e hanno fruttato poco agli elettori venezuelani.

Il Venezuela, anche secondo le stime della sua Banca Centrale, ha un’inflazione che supererà il 280% annuo nel 2023, anche se questa cifra sottovaluta il reale svuotamento dell’economia nazionale.

Il 12 dicembre 2023, il Presidente Irfaan Ali ha scritto al Primo Ministro di St. Vincent e Grenadine, Ralph Gonsalves, per delineare con fermezza le discussioni che si sarebbero svolte a Kingstown, St. Vincent, in cui il Presidente della Guyana si aspettava che la CARICOM avrebbe mantenuto il suo sostegno alla Guyana, ribadendo che i colloqui non avrebbero riguardato il Venezuela.

Ora fino a quanto gli USA e il Regno Unito possono spingersi nell’appoggiare la Guyana? Prima di tutto, nonostante l’appartenenza al Commonwealth, l’intervento diretto di Londra sarebbe limitato anche perché impegnata in troppi scacchieri per la sua economia: infatti il governo conservatore è già impegnato in Ucraina e deve anche guardare i propri confini. Il Commonwealth invece, soprattutto il Canada, potrebbe impegnarsi maggiormente, anche considerando la sua maggiore vicinanza allo scacchiere.

Gli USA ovviamente per ora stanno a guardare, ma potrebbero considerare un possibile intervento difensivo a favore di Georgetown, e in questo caso il Comando Forze Sud , con sede in Florida, avrebbe l’incarico di coordinare la partecipazione della Sesta Armata, della Dodicesima forza aerea e della Quarta Flotta che hanno competenza su quel quadrante. Si tratta di forze che comprendono caccia F 35 e F 15, o aerei da attacco A 10, oltre a forze della Guardia Nazionale  e che potrebbero schierare rapidamente una forza importante, anche perché potrebbero utilizzare le basi nei Caraibi.

Dal punto di vista militare gli USA non avrebbero problemi a sostenere lo sforzo su più fronti. Il problema sarebbe di bilancio, o meglio di convincere il Congresso a sostenere l’operazione finanziariamente, ma sarebbe più facile far votare i rappresentanti su un intervento nella Guyana, visti gli interessi economici diretti petroliferi, che in Ucraina.

Bisogna però vedere sino a che punto gli USA vorrebbero portare la tensione con la Cina, per cui potrebbero anche rimodulare l’intervento in dure sanzione economiche, magari più rigide di quelle recentemente tolte in vista delle elezioni in Venezuela.

Comunque la soluzione migliore sarebbe nell’accordo fra le due parti da raggiungere tramite i colloqui di Si Vincent, magari cedendo la cessione di giacimenti di gas non sfruttati e sfruttabili al Venezuela. Speriamo sinceramente che il buon senso abbia la meglio, perché quello che non ci vuole è un altro conflitto militare con quello che ne consegue.

 


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