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Cosa sta frenando lo sviluppo del nucleare soprattutto negli USA?

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I mercati energetici globali sono nel caos dopo l’invasione russa dell’Ucraina e le successive sanzioni energetiche imposte dalle nazioni occidentali. In questa situazione energie rinnovabili e nucleari hanno ricevuto una potente spinta:  ad esempio, il 19 marzo il Belgio ha annunciato un rinvio di dieci anni nella prevista chiusura di due centrali nucleari, Doel 4 e Tihange 3, raddoppiando al contempo il proprio impegno per l’eolico offshore.  In questo caso l’aspetto più interessante è che “L’estensione di vita” inizierà solo nel 2026, comunque, nel breve, le centrali dovranno essere fermate, e permette di capire quando sia difficile invertire decisioni già prese, perfino con impianti funzionanti.

Il conflitto ucraino sembra anche aver posto fine a una situazione di stallo sul finanziamento e sulla proprietà della costruzione nucleare nella Repubblica ceca. Il governo ha finalmente acconsentito alla richiesta dell’utility CEZ di un finanziamento completo del governo del rifacimento dell’impianto, dalla cui gestione però, per motivi strategici, saranno escluse società cinesi e russe. In Europa solo la Germania sembra testardamente decisa nel proseguire con la fine dell’opzione nucleare.

Ma ciò che ci ha davvero colpito è la relativa timidezza dei sostenitori dell’energia nucleare statunitense nel cogliere questo momento di grande domanda di energia. mentre i cinesi vogliono costruire 150 centrali in 15 anni, negli USA ora al massimo si parla di cercare più gas. Perché gli USA non sono partiti con una politica simile?

In un sistema energetico privato ci sono quattro fattori, collegati, che portano alla decisione di realizzare un impianto:

  • finanziamento del progetto
  • gestione dell’impianto
  • vendita dell’energia o dell’impianto stesso
  • realizzazione di un nuovo impianto.

Mentre gli impianti cinesi si calcola abbiano un costo di 2,9 miliardi di dollari a reattore, gli ultimi impianti USA (Come quelli realizzati a Vogtle) sono costati 17 miliardi a reattore. Una cifra di queste dimensioni è, dal punto di vista finanziario, al di fuori delle capacità di gran parte delle società elettriche, oltre che porre il costo dell’energia fuori mercato. L’energia nucleare americana è tre volte più costosa del gas e cinque volte più costosa di solare e eolico.

Come superare il problema? Secondo alcuni semplicemente non calcolandolo, e  considerando che  il risparmio dal punto di vista del budget strategico nazionale, anche di armamenti, generato, sarebbe ben superiore al costo dell’impianto, soprattutto se progettato per una vita di 60 o 70 anni. Dall’altro lato è necessario un cambiamento tecnologico, come quello previsto dai nuovi reattori nucleari compatti e modulari realizzati da Terrapower. Se l’energia diventa un fattore competitivo strategico allora dovrebbe essere comparata con la spesa della difesa, la cui resa è, apparentemente, zero. E una buona centrale, almeno, dura a lungo e produce qualcosa.

 

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