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Crisi

COME TORNARE ALLA PROSPERITA’

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Gli italiani sono tendenzialmente faziosi, fino a chiamare l’invasore straniero pur di andare contro il proprio nemico. Per secoli la nazione si è divisa fra guelfi e ghibellini e questa distinzione si è prolungata, anche per la forte influenza del Papato in Italia, fino a tempi recenti.

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, la trincea ha separato “cattolici” e “laici”, fra virgolette. Infatti i primi lo erano spesso di facciata, per acchiappare voti; i secondi – a parte l’erroneità della designazione – erano soltanto insofferenti dell’influenza della Chiesa sulla politica. La distinzione comunque corrispondeva anche, grosso modo, a destra occidentale e sinistra marxista.

Col tempo la guerriglia su base religiosa è venuta stemperandosi fin quasi a scomparire. Oggi in Italia possiamo identificare i miscredenti, che sono la maggioranza, e i credenti moderni, devoti di Papa Francesco, che ai tempi del Concilio di Trento sarebbero finiti sul rogo. Ma nella mentalità comune la divisione fra destra e sinistra è rimasta vivace. Ecco alcuni dei rispettivi pregiudizi. La destra è conservatrice e vuole amministrare bene il Paese, mentre la sinistra vuole sfasciarlo; essa promuove i meritevoli mentre la sinistra protegge i fannulloni; favorisce la produzione e le imprese che creano ricchezza, mentre la sinistra la ricchezza vuole soltanto rubarla; è compassionevole, ma non con chi vuol vivere a spese dello Stato. La sinistra invece vede sé stessa in modo opposto: è progressista e vuole la ridistribuzione della ricchezza, mentre la destra è per la conservazione dei privilegi; protegge i lavoratori contro lo sfruttamento, mentre la destra è serva dei padroni; è compassionevole verso i più deboli mentre la destra è cinica; vuole un reddito per i disoccupati e le casalinghe (e una casa per tutti) mentre per la destra tutti costoro possono anche morire.

In questo contesto si sono inserite le diverse congiunture economiche. Prima gli anni ferventi della Ricostruzione, poi quelli del boom economico e infine quelli della prosperità e della spesa allegra, a carico delle generazioni future. Tutto ciò fino agli Anni Novanta. Poi la macchina – non solo italiana, si pensi alla Francia – ha cominciato a perdere colpi, e infine la nazione è piombata in una crisi drammatica da cui non sa come uscire.

Qui si pongono, soprattutto per la base elettorale, lancinanti interrogativi. Se prima tutto andava bene, perché non torniamo al modello socio-economico di allora, più a sinistra di quello attuale? Né è strano che la gente abbia un invincibile pregiudizio a favore di quel modello, in un Paese per lunghi decenni dominato da un partito che non esitava a confessarsi devoto a Mosca e da una Democrazia Cristiana populista.

In realtà i vincoli di bilancio che ci pone l’Europa sono sbagliati per l’Italia com’è, mentre vanno benissimo per la Germania liberista. E tuttavia, per i meno informati, essi sono “di destra”: dunque non rimane che tornare ai valori “di sinistra” con cui siamo stati felici. Il sentimento è così forte che il Pd, proprio perché sostiene le istituzioni europee e l’euro, rischia di perdere consensi, mentre rischiano di guadagnarne partiti di destra come la Lega.

E qui si pone un grande problema che i dotti chiamerebbero epistemologico. Dato un fenomeno, che cosa l’ha causato? La prosperità di quegli anni è stata dovuta alla politica di sinistra, o si è avuta malgrado la politica di sinistra? Nel primo caso dovremmo tornare all’inflazione a due cifre, all’aumento del debito pubblico, al potere di veto dei sindacati e a provvedimenti radicali per l’occupazione: per esempio dovremmo proibire alla Fiat di chiudere degli stabilimenti o di andarsene dall’Italia. A costo di vietare l’importazione di automobili dall’estero.

Se invece la prosperità di allora fu dovuta alla fiscalità più bassa e alle minori spese dell’erario, non c’è che da ridurre la tassazione e far dimagrire drammaticamente lo Stato. Non d’un pochino, ma come si fa con quegli obesi cui non si richiede di perdere qualche chilo, ma la metà del peso. Come è ovvio, trattandosi di “storia con i se”, il problema è irresolubile. Ognuno continuerà a pensare che la ricetta giusta sia la propria.

Di fatto, se non avesse impegni internazionali, proseguendo la convergenza fra sinistra convinta e destra nostalgica della sinistra (copyright Dc), l’Italia tornerebbe al passato degli Anni Settanta e Ottanta. E ne vedremmo i risultati, a nostro parere disastrosi. Stando invece le cose come stanno, bisognerà vedere come finirà la partita dell’Europa. Essa potrebbe riportarci alla prosperità – per chi ci crede – o metterci il contatore a zero e imporci il travaglio della rinascita. Non ci rimane che aspettare.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

13 aprile 2014

 

 


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