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Cina: il debito delle famiglie arriva ad un livello di guardia

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Le famiglie cinesi mostrano un aumento dell’indebitamento,  contribuendo al rallentamento economico della nazione e sollevando dubbi sul fatto che la nuova spinta ai consumi di Pechino possa effettivamente essere efficace. 

Il debito delle famiglie della nazione ha raggiunto il 63,5% del prodotto interno lordo (PIL) nazionale nel secondo trimestre, rispetto al 61,9% alla fine dello scorso anno, secondo un rapporto dell’Istituto nazionale per la finanza e lo sviluppo (NIFD) pubblicato il 23 luglio.

Si sta avvicinando alla linea rossa del 65% precedentemente utilizzata dal Fondo monetario internazionale come punto di allarme sui rischi finanziari. Ricordiamo che poi il PIL cinese è sempre visto con un certo sospetto perché legato a comunicazioni di amministratori locali che hanno interesse a mostrare una crescita costante e sensibile.

Il debito delle famiglie cinesi è principalmente sotto forma di mutui ipotecari, che alla fine di giugno hanno raggiunto i 38.800 miliardi  di yuan (5.380 miliardi di dollari); così come prestiti per beni di consumo, debiti con carte di credito, prestiti privati e prestiti utilizzati per finanziare operazioni commerciali.

“La domanda effettiva sia per i consumi delle famiglie che per gli investimenti è diminuita”, hanno scritto Zhang Xiaojing e Liu Lei, due ricercatori del think tank con sede a Pechino.
Zhang è anche consigliere del governo a capo dell’Istituto di finanze e banche dell’Accademia cinese delle scienze sociali.
“La debole spesa delle famiglie è dovuta principalmente alla loro lenta crescita del reddito e, infine, alla lenta crescita economica”, hanno affermato.

La Cina ha assistito a un rapido aumento del coefficiente di leva finanziaria delle famiglie dal 2008, quando i responsabili politici di Pechino hanno lanciato un pacchetto di stimoli da 4 trilioni di yuan e un allentamento monetario per contrastare la crisi finanziaria.

Il leverage ratio di fine 2008 era solo del 17,9%.

La Banca dei Regolamenti Internazionali ha stimato che il debito delle famiglie cinesi ha raggiunto i 10.760 miliardi di dollari entro la fine dello scorso anno, ovvero il 61,3% del suo PIL.
Questo ha già superato il 55,2% visto in Germania entro la fine del 2022, il 36,4% in India e il 47,7% per la media delle economie emergenti, e la Cina si sta ora rapidamente avvicinando al rapporto di leva del 74,4% negli Stati Uniti e 68,2 per cento in Giappone.

La Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma ha anche lanciato 20 misure di stimolo ai consumatori all’inizio di questa settimana, allentando le restrizioni all’acquisto di automobili e vendite di proprietà, promettendo di migliorare l’ambiente di consumo della nazione.
I consumi hanno contribuito al 32,8% della crescita del PIL cinese nel 2022, in calo rispetto al 58,3% nel 2021, poiché le entità di mercato e le famiglie sono state pesantemente colpite dai controlli zero-Covid.

Il problema è che, con questo livello di debito, molto difficilmente ci potrà essere uno stimolo efficace per far ripartire i consumi delle famiglie: tradizionalmente il debito è visto come uno stigma in Cina. Già il livello attuale è molto alto, ma lo è perché legato ai mutui immobiliare. Come si potranno convicere giovani, spesso disoccupati, a indebitarsi ancora di più per aumeentare dei consumi in una situazione di forte incertezza?

La Cina si sta avviando a essere un’economia matura, anche se le mancano alcune delle basi che hanno permesso al Giappone e alla Corea del Sud una transizione non facile, ma neppure troppo dolorosa. Però ogni paese è diverso dagli altri e necessità di soluzioni proprie, e quella cinese non può passare, in questo caso, da una stretta creditizia bancaria, perché questa peggiorerebbe la capacità di credito e di consumo delle famiglie. 

Sarebbe meglio fare salvare le banche, anche con acquisti di salvataggio, piuttosto che imporre una stretta. Intanto lo Yuan si sta svalutando, facilitando l’export e, in fondo, rendendo più semplice tollerare un po’ più di debito

 


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