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Argentina: primo colpo a Milei, il tribunale blocca parte della sua mega-riforma

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Milei inizia ad avere dei problemi con le autorità giudiziarie e costituzionali in Argentina. Il tribunale del lavoro ha blocciano una parte essenziale del DNU 70/223, il decreto di riforme voluto dal neo prisedente, sulla parte che riguarda le attività sindacali e, più precisamente, le ritenute direttamente in busta paga delle quote sindacali. Milei prevedeva la cancellazione della ritenuta diretta delle quote sindacali, per cui gli iscritti avrebbero dovuto versare le quote alle associazioni loro stessi. Il tribunale ha ritenuto che invece sia legittima la prosecuzione del sistema di ritenute a seguito di un ricorso dei sindacati.

Il partito del presidente ha sottolineato mercoledì che l’avvocatura dello Stato non è stata ancora informata – il tribunale ha 3 giorni di tempo per completare la procedura – ma che una volta ricevuto il fascicolo, verrà richiesta “immediatamente ” l’incompetenza del tribunale del lavoro, anche in una questione di carattere cautelare nell’applicazione del decreto. 

L’Esecutivo ha contestato la risoluzione perché “contraddice” altre sentenze giudiziarie sul suddetto decreto e ha affermato che esso avrebbe un “contesto politico” che cercherebbe di paralizzare le riforme promosse dall’attuale amministrazione con l’obiettivo di deregolamentare l’economia e altre attività.

Sarà la Procura generale del Tesoro, guidata da Rodolfo Barra, a pronunciarsi sulla vicenda e ad impugnare la sentenza della Camera d’appello del lavoro. Quindi, per il governo, spetta alla magistratura amministrativa, non a quella del lavoro, pronunciarsi sulla questione, e il governo è ovviamente confidente che questa sia molto più vicina alle posizioni governative rispetto a una molteplicità di corti del lavoro. I giudici di queste corti ssono stati spesso nominati dal precedente governo, per cui sono molto ben propensi ad ascoltare le ragioni delle parti sindacali. Il quindi esponenti del governo accusano queste corti di prendere decisioni sulla base di fattori di carattere politico e non giuridico.

Senza volerci addentrare eccessivamente nei meandri del sistema giuridico argentino, questo evento mostra come Milei dovrà affrontare una opposizione molto più dura e radicata nei poteri dello stato di quanto probabilmente pensasse. Se è relativamente facile scrivere un decreto, è molto più complicato riuscire a fare in modo che i giudici, spesso di parte, non lo interpretino a modo loro, anche forzandolo e bloccandolo. In Italia siamo esperti in questa materia, dato il livello di in-dipendenza estrema del nostro sistema giudiziaro.

La situazione di Milei è resa ancora più complessa dal fatto che il suo tempo è limitato e che questi ricorsi ritardano l’applicazione di alcune riforme che, comunque, hanno delle ricadute positive. Argentina sta ora sentendo solo l’amaro dell’opera di Milei e se il dolce non arriverà entro qualche mese c’è il rischio serio che i cittadini si stanchino e vogliano, nuovamente, cambiare musica. Anche perché, comunque, l’inflazione nel solo mese di gennaio è prevista al 20%.


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