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Segnali d’insofferenza all’EURO sulla riva della Senna

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Ospitiamo questo articolo di Voci dall’estero: La Febbre del Frexit raggiunge il cuore dell’establishment francese

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Il Telegraph riporta di nuovi importanti segnali di insofferenza all’euro da parte della Francia, questa volta dall’interno del Quai d’Orsay – il Ministero degli Esteri sulla riva della Senna – e precisamente dall’Istituto per gli Studi Strategici: l’euro è un cancro da estirpare per il bene dell’Europa, e l’eurozona un guscio vuoto.

 

Gli appelli allo scioglimento dell’UEM si stanno diffondendo nelle alte sfere dell’establishment francese di politica estera, e nel centro pro-europeo.
Un nuovo sorprendente libro di François HeisbourgLa Fin du Rêve Européen ( La fine del sogno europeo ) – sostiene che il “cancro euro” deve essere estirpato per salvare il resto del progetto dell’UE prima che sia troppo tardi.
Egli scrive :
” . . Il sogno si è trasformato in un incubo. Dobbiamo affrontare la realtà: la stessa Unione europea è minacciata dall’euro. Gli attuali sforzi per salvarlo stanno ancor più mettendo in pericolo l’ Unione”.
 
Non c’è niente di peggio che dover affrontare le livide mattine (matins blêmes ) di una crisi senza fine, ma non abbiamo intenzione di evitarle negando la realtà, e Dio sa che il rifiuto della realtà è stato per molto tempo, per impostazione predefinita, il modo di operare dei responsabili delle istituzioni dell’Unione europea.”
Più avanti in futuro, egli insiste, i leader europei potrebbero rilanciare l’euro, ma solo dopo aver stabilito le necessarie basi federaliste, e solo tra un’avanguardia di paesi disposti ad accettare tutte le implicazioni di una moneta federale.
 
L’appello a “mettere a riposo l’euro” per il bene dell’Europa rappresenta una nuova svolta. Abbiamo sentito qualcosa del genere dal partito tedesco anti-euro  AfD, ma con un’altra impostazione. Il libro di Heisbourg è una sfida aperta alla Dottrina Merkel (in gran parte retorica, contraddetta dai fatti) che un crollo dell’UEM potrebbe resuscitare tutti i vecchi demoni del 20° secolo.
Certo, una disintegrazione dell’euro potrebbe effettivamente portare a un risultato così disastroso se si consentisse agli eventi di andare fuori controllo, dopo anni di aspre crisi – la direzione di oggi – ma che tipo di argomento è questo? Può succedere solo se si lascia accadere. E’ giunto il momento che qualcuno dall’interno delle élite dell’UE renda manifesta questa sciocchezza sentimentale e questo uso improprio della storia per quello che è.
 
Prof. Heisbourg è certamente un insider, un altro paio di maniche rispetto al Front National di Marine Le Pen, che ora è in testa nei sondaggi francesi con la promessa di far fuori l’UEM e ripristinare il franco francese.
Personalità del Quai d’Orsay, egli è un ardente federalista europeo e sostenitore di lunga data dell’UEM, e attualmente presidente del prestigioso International Institute for Strategic Studies (IISS).
 
Egli dice che i leader europei hanno perso di vista le priorità, e sembrano pensare che il sistema europeo deve essere sconvolto e riformato per le esigenze dell’euro, come se – in una visione pre-copernicana – il sole girasse intorno alla Terra . Non si può creare una federazione per salvare una moneta. La moneta deve essere al servizio della struttura politica, non il contrario“, dice .
Anche se lui sarebbe molto felice di assistere al grande balzo in avanti verso un superstato federale dell’UE – che egli ritiene necessario per rendere praticabile nel tempo l’unione monetaria – questo sogno ora è una “pura fantasia”.
 
I tentativi di creare un “demos europeo” hanno evidentemente fallito. Le nazioni si stanno allontanando sempre di più. Un referendum su una concentrazione di potere nelle istituzioni dell’Unione europea fallirebbe quasi ovunque . “L’integrazione ha raggiunto i limiti della sua legittimazione“, scrive. Le intrusioni dell’UE, una volta sopportate come “sgradevoli”, sono ormai divenute “insopportabili”.
Leggendo tra le righe, sembra che sia stato spinto a scrivere questo libro dallo shock per il ruolo della Germania nella crisi libica, il suo rifiuto di fornire aerei da trasporto (una cortesia di routine per gli alleati della Nato) per aiutare la Francia “a fermare un altro massacro di Srebrenica” a Bengasi, anche dopo che l’intervento era stato approvato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dalla Lega Araba.
 
Lo splendido Joschka Fischer ha definito la decisione della Germania di allinearsi con la Russia e la Cina “un errore scandaloso”, avvertendo che se la Germania avesse continuato a giocare a questo gioco avrebbe rischiato di svegliarsi un giorno e ritrovarsi in “una posizione molto precaria”.
È forse possibile che si dia troppo peso all’episodio della Libia, ma la posizione franco-tedesca non è molto migliore sulla Siria. O come dice il mio stimato collega del Telegraph Con Coughlin: la posizione precostituita della Germania è ora pro-Mosca.
 
Si potrebbe concludere – anche se il prof Heisbourg non va così lontano – che la Germania non è più un alleato della Francia in nessun senso significativo, né in difesa né in politica estera (e nemmeno commerciale), e se è così, questo fatto ha delle implicazioni sconvolgenti. Si potrebbe anche concludere che l’UE è già morta, un guscio vuoto.
Inutile dire che il prof Heisbourg non accetta l’ultima affermazione da parte della Banda dei Cinque dell’EMU che Eurolandia abbia svoltato l’angolo, o che le politiche di crisi stiano “cominciando a produrre risultati.”
 
La composizione del quintetto è rivelatrice: Rehn, Dijsselbloem, Asmussen, Regling e Hoyer – un finlandese, un olandese, tre tedeschi; le voci delle forze dell’ordine dei creditori. Non potevano trovare almeno un latino, anche solo per la messa in scena?
Lui lo chiama un “cancro in remissione” . Il tentativo di tagliare il debito con l’austerità fiscale – invece di lasciare che la crescita eroda il peso del debito nel corso del tempo, all’Americana – e di farlo senza lo stimolo monetario, è stata la “scelta fatale” . I rapporti di debito stanno esplodendo, verso il punto di “rottura non lineare”.
La depressione e la disoccupazione di massa nel sud Europa non rappresentano un equilibrio stabile. I cittadini possono aver mostrato finora una “santa pazienza“, non ci sono ancora stati colpi di stat , egli scrive, o un ritorno al terrorismo Italiano degli “anni di piombo”, o anche al caos degli studenti del 1968.
Ma niente di tutto questo può essere dato per scontato. Tra gli Stati creditori e quelli in deficit stanno emergendo narrazioni della crisi drasticamente diverse, che egli paragona alla spaccatura di atteggiamenti dopo la Prima Guerra Mondiale, quando delle visioni distorte alimentarono un contraccolpo ideologico. Si sospettano tradimenti e imbrogli. Si imputano agli altri le peggiori motivazioni, e delle “leggende nere” prendono piede. Egli paragona questa situazione alla nascita della teoria della Dolchstoß (pugnalata alla schiena) in Germania.
La direzione attuale degli eventi porterà a delle “crisi seriali che termineranno in un esaurimento nervoso e una disgregazione incontrollata dell’euro con tutte le sue conseguenze” – egli scrive – evocando un parallelo diretto con il repentino disfacimento dell’Unione Sovietica, un epilogo che ha preso quasi tutti di sorpresa .
I leader europei devono affrontare la stessa scelta di un generale sopraffatto in un combattimento. Resistere e combattere fino all’annientamento, o rompere l’accerchiamento e salvare la pelle dei suoi soldati per un altro giorno, perdere la battaglia, ma non la guerra? Egli cita esplicitamente la ritirata ordinata della Francia sotto Joffre prima della Marna, nel 1914, una prodezza di recupero del morale che l’alto comando del Kaiser pensava impossibile.
 
Il suo piano prevede una completa rottura dell’euro e un ritorno alle valute nazionali. “O l’euro esiste nella sua interezza, o non esiste affatto.” Egli respinge la mezza misura di una divisione Nord-Sud, l’idea proposta da parte dell’ex capo della Confindustria tedesca Hans-Olaf Henkel di un Thaler tedesco nei paesi creditori del centro e un euro residuo nel blocco latino (più la Francia) che consenta agli stati più deboli sia di svalutare che di difendere i loro debiti contratti in euro.
La rottura deve essere preparato in gran segreto da un manipolo di funzionari a Berlino e Parigi, con tutti gli altri tenuti all’oscuro. E dovrebbe essere effettuata alla velocità della luce in un lungo weekend, sul modello della abolizione del Cruzerio brasiliano nel 1994, compito svolto con efficienza militare.
Il passo finale deve essere un atto congiunto franco-tedesco, al fine di “evitare la catastrofe di una situazione in cui la Germania sia vista come responsabile” . Solo su questa base il progetto UE può essere tenuto insieme. Gli altri dovrebbero tutti accettare il fatto compiuto.
Sarebbero imposti dei controlli sui capitali. Le banche centrali nazionali dovrebbero praticare il QE per attutire il colpo. Le valute dovrebbero esser lasciate fluttuare per un po’ prima di essere collegate di nuovo tra loro in un revival del “serpente monetario” manovrato.
Personalmente, io preferisco una versione diversa proposta da un gruppo di sovranisti francesi a L’Observatoire de l’Europe. Questa comporta che siano fissati nuovi tassi di cambio fino a quando si calmano le acque, usando una formula che tiene conto del differenziale di inflazione accumulato e dei saldi commerciali dal lancio dell’UEM.
 
Secondo il piano sovranista, le svalutazioni/rivalutazioni si stabiliscono verso una nuova unità di conto, l’ECU, che riflette la ponderazione media del vecchio euro ( non ancorato al nuovo D-mark). Il debito pubblico di ogni stato sarebbe riconvertito durante la notte in valuta locale (come la legge del peso argentino), chiunque siano i creditori. Ma il debito estero privato sarebbe valutato in ECU, un compromesso che fa condividere le perdite tra Stati deboli e Stati forti.
L’appello del Prof Heisbourg per un secondo tentativo di UEM e per una spinta ad un’unione federale tra 10 anni mi sembra un residuo di romanticismo, o forse è solo un modo per dimostrare che lui non è entrato a far parte dei reprobi come me, nella compagnia degli euroscettici.
Perché tra dieci anni gli storici Stati nazionali dovrebbero essere più disposti ad annullare se stessi di quanto non lo siano ora, non è spiegato. Come egli spiega in modo eloquente, lo sforzo fatto in 60 anni di unire insieme gli stati membri è fondamentalmente fallito, e quelli come Mitterrand e Kohl, plasmati dalla Seconda Guerra Mondiale, sono già da tempo scomparsi dalla scena.
Egli riconosce che i “No” francesi e olandesi alla Costituzione europea sono stati un punto di svolta, il momento in cui è apparso chiaro che i cittadini non avrebbero accettato la struttura del superstato UE, necessaria a far funzionare l’UEM. Sono perfettamente d’accordo. Il referendum del 2005 ha cambiato tutto. Ma se è così, allora è anche chiaro che i sentimenti antifederalisti degli stati nazionali sono più profondi e radicati dell’angoscia per l’euro, dal momento che nel 2005 il progetto della UEM sembrava andare liscio. E’ stato con la crisi greca del 2010 che la gente ha iniziato a capire che nell’euro in sé c’era qualcosa di sbagliato, e anche dopo è stata una lenta presa di coscienza.
Né credo che il Prof Heisbourg potrà distinguersi dagli euroscettici appellandosi alla purezza ideologica. La macchina sparerà bordate di insulti, come sanno per dura esperienza quelli che stanno da questa parte.  In ogni caso, i suoi argomenti sono più o meno uguali ai nostri. Un gran numero di euroscettici erano una volta “pro-europei”, per usare un’espressione poco simpatica. Lo ero anch’io. Perché tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 ho imparato tutte le principali lingue europee (male, a dire il vero, ma non per mancanza di entusiasmo), e perché ho studiato in Germania, Francia e Italia, una molla potente per il sogno. Poi sono andato a vivere in Texas.
Bernard Connolly era il funzionario responsabile della politica monetaria presso la Commissione europea in epoca Delors quando il complotto è stato ordito, e lui stesso resistette alle pressioni per falsificare gli argomenti a sostegno dell’agenda. Già allora egli si rendeva conto che una tale impresa incoerente sarebbe finita in spirali di debito, depressione e apartheid economico, come in effetti è stato. È per questo che è diventato un euroscettico della prima ora.
Sia come sia, la conversione di Heisbourg (i sacerdoti dell’ UEM lo chiameranno tradimento) è rivelatrice. Ci dice molto circa gli umori negli ambienti politici francesi, e manifesta le crepe che si nascondono sotto la facciata di un progetto egemonico. Una volta che il Quai d’ Orsay inizia a infrangere il tabù, dobbiamo essere vicini ad un punto di svolta politica.
 
Scommettete pure sulla ripresa dell’Europa, se volete, ma ricordate una cosa. Il divario Nord-Sud alla radice dei problemi dell’EMU non sarà colmato con un ritorno ad una crescita tollerabile – che non è per niente scontata – perché arriverà anche il giorno in cui la Germania chiederà l’aumento dei tassi di interesse. La crisi cambierà forma. Non se ne andrà. L’unione monetaria rimarrà disfunzionale, con la crescita e senza crescita.
Credere che un nuovo ciclo di espansione economica metterà fine a questa saga infinita è solo l’ultima di tante illusioni. Prof Heisbourg ha ragione. Rimandare non serve più a niente. Sarebbe meglio sbrigarsi.

 

By GPG Imperatrice

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