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Sovranità Nazionale e Sovranità Popolare (di Davide Gionco)

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Nelle ultime elezioni politiche è emerso il nuovo concetto politico di “sovranismo”, rappresentato in modo particolare dalla Lega di Salvini, ma anche da forze politiche minori che non sono riuscite ad entrare in Parlamento, come Casapound ItaliaForza Nuova e Lista del Popolo (Mossa del Cavallo), quest’ultima unica forza l’unica non dichiaratamente “di destra”. In realtà anche il Partito Comunista di Marco Rizzo, pur non richiamandosi ufficialmente a posizioni sovraniste, ha espresso chiaramente un programma politico finalizzato alla ripresa della sovranità nazionale e popolare.

Oltre a queste organizzazioni politiche rese note dalle ultime elezioni politiche esistono altri piccoli partiti che fanno del sovranismo il punto centrale della loro azione politica, come il Fronte Sovranista Italiano o Riscossa Italia.

Nell’enciclopedia online Treccani troviamo la definizione del termine “sovranismo”: “Posizione politica che propugna la difesa o la riconquista della sovranità nazionale da parte di un popolo o di uno Stato, in antitesi alle dinamiche della globalizzazione e in contrapposizione alle politiche sovrannazionali di concertazione.”

L’art. 1 della Costituzione dice chiaramente “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
L’art. 11 della Costituzione aggiunge anche: “L’Italia […]consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Sia nel dizionario che nella Costituzione esistono quindi 2 concezioni diverse del concetto di “sovranità”.

Esiste un concetto che si riferisce all’affermazione del valore supremo della sovranità del popolo su se stesso, ovvero su ogni forma di regola a cui la popolazione debba essere assoggettata. Da questo concetto derivano il suffragio universale alle elezioni politiche e le varie forme di democrazia diretta, le quali riconoscono nel popolo l’organi legislativo supremo. Le limitazioni a questa sovranità riguardano unicamente “le forme” (ma non la sostanza) per esprimerla previste dalla Costituzione stessa, escludendo ad esempio atti di rivoluzione violante, o gli evidenti limiti derivanti da accordi di pace e giustizia stipulati con altre nazioni, escludendo in questo modo, ad esempio, il diritto ad invadere il territorio di un’altra nazione.
Si tratta di una questione fondamentale per ogni Demo-crazia, che significa “governo del popolo”.

Esiste inoltre un concetto che si riferisce alla sovranità di uno stato-nazione in rapporto ad altri stati. E’ qualche cosa che ha a che fare con il “diritto internazionale”: una organizzazione statale esistente e riconosciuta a livello internazionale ha il “diritto” di non essere aggredita e assoggettata da un altro stato ovvero il “proprietario” di quello stato, qualunque sia il suo ordinamento istituzionale (monarchia, repubblica democratica, teocrazia).
Sappiamo tutti, avendolo studiato sui libri di storia, come questo principio sia spesso stato violato, per lo più per ragioni economiche, quasi sempre usando una “copertura politica” di altro genere. Ricordiamo tutti, ad esempio, il segretario di stato Colin Powell che dichiarò ufficialmente al Consiglio di Sicurezza dell’ONU la falsa informazione per cui Saddam Hussein avrebbe disposto di armi chimiche vietate.

I due diversi concetti, evidentemente, non coincidono.
Ad esempio vi sono molti casi storici e attuali di sovranità nazionale-statale in cui non esiste la sovranità popolare. Ad esempio l’antico Impero Romano. Oppure, oggi, la Repubblica Popolare Cinese, in cui la sovranità popolare esiste solo sulla carta.

Viceversa non è possibile concepire l’esistenza della sovranità popolare se non esiste anche uno stato-nazione sovrano. Questo in quanto lo stato-nazione non è solo una entità geografica distinta dagli altri stati-nazione, ma è anche una organizzazione attraverso la quale, tramite gli strumenti della Demo-crazia, il popolo esercita la propria sovranità su se stesso.

Le frontiere fra gli stati non sono solo frontiere geografiche o commerciali, ma sono innanzitutto frontiere giuridiche.

Quando varchiamo un confine nazionale ci troviamo in un territorio ed ospiti di un popolo che ha promulgato un insieme di leggi diverse da quelle della nazione da cui proveniamo, leggi che sono state scritte per tutelare gli interessi dell’altro popolo e non del proprio popolo.

Il fondamento della sovranità popolare è quindi la possibilità fattuale di un popolo di determinare le proprie leggi e di farle rispettare nei propri interessi.

Un popolo che debba subire l’applicazione di leggi che non ha determinato, con strumenti di democrazia diretta o tramite delega di propri rappresentanti nel parlamento, non può dirsi un popolo sovrano.

Questo vale nel caso di colonie in cui i popoli si trovano obbligati ad accettare le leggi della nazione dominante.
Questo vale anche nel caso di una dittatura, in cui è assicurata la sovranità nazionale dello stato, ma in cui è il dittatore, e non il popolo, a determinare le leggi.
Questo vale anche nel caso della sottoscrizione di trattati internazionali in cui quote di sovranità vengano cedute ad organismi internazionali sui quali il popolo non ha sostanzialmente alcun potere di determinazione. E’ il caso, ad esempio, dell’Unione Europea, a cui l’Italia (il Parlamento italiano) ha delegato tutta una serie di poteri, fra i quali la sovranità monetaria e la determinazione dei vincoli di bilancio, senza che il popolo italiano abbia voce in capitolo sulle decisioni degli organismi dell’Unione Europea a cui viene assoggettato.

Potremmo introdurre un nuovo concetto, il concetto di “distanza democratica” legato alla difficoltà dei cittadini democraticamente organizzati di incidere sul potere esecutivo a cui sono assoggettati.

Facciamo un esempio concreto: con quale facilità uno come il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Junker può prendere una decisione che ci danneggia utilizzando il cosiddetto metodo Junker?
Confrontiamo questo “grado di facilità” con il “grado di difficoltà” che avrebbero i cittadini europei ad imporre a Junker o ad un suo successore di cambiare la propria decisione politica. Ai sensi delle regole stabilite dai trattati europei sarebbe necessario, democraticamente, cambiare la maggioranza dei governi dei 27 stati dell’Unione Europea, in particolar modo quelli dei “paesi che contano” (Francia e Germania), imponendo una diversa linea politica. Tempo previsto: 3-4-5 anni, coinvolgimento di 400 milioni di persone. E supponendo che il sistema dei mass-media dia lo spazio necessario alla notizia in modo che il popolo si renda conto dei danni provocati dalla decisione di Junker. In altri articoli avremo modo di parlarne…

Giustamente le uniche “cessioni di sovranità” contemplate dalla nostra Costituzione (art. 11) sono quelle “in condizioni di parità con gli altri stati” e per “un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.

Quindi nulla che riguardi altri tipi di finalità, quali il libero commercio, la libera circolazione di capitali, la presenza di eserciti di altre nazioni nel nostro territorio (e non del nostro esercito nel loro), ecc.

Dei soggetti politici “sovranisti” sopra citati alcuni si fondano sulla “sovranità popolare”, avendo nel loro programma il recupero della sovranità nazionale ceduta in violazione a quanto previsto dalla nostra Costituzione, ma avendo anche in programma il potenziamento degli strumenti di democrazia popolare, che con ogni evidenza oggi risultano insufficienti a difendere il popolo dai soprusi di potenze straniere, delle lobbies finanziarie ed anche dei “nostri” partiti italiani.

Altri soggetti politici “sovranisti”, invece, hanno in programma il recupero della “sovranità nazionale”. Bene, meglio che niente. Ma il solo recupero della sovranità nazionale non garantisce anche il recupero della sovranità popolare. Questi partiti, nella migliore delle ipotesi, riporteranno il popolo italiano a subire unicamente i soprusi dei poteri forti nazionali, salvandolo da quelli internazionali.

Esiste una ideologia diffusa soprattutto nella sinistra per la quale “i confini non esistono” e per la quale “oggi i problemi sono internazionali e non possono essere risolti all’interno dei vecchi stati sovrani”.
Questa è probabilmente la ragione per cui oggi il “sovranismo” si diffonde maggiormente fra le forze politiche di destra.
Si tratta, però, di argomentazioni poco logiche (Aristotele li definirebbe “falsi sillogismi”).

Come abbiamo spiegato sopra, i confini esistono eccome. Esistono i confini giuridici. All’interno di uno stato sovrano il popolo sovrano può determinare le proprie leggi e, di imperio, farle applicare. Al di fuori dei propri confini questa possibilità non esiste.

Esiste, certamente, la possibilità di avanzare proposte a livello internazionale che potrebbero venire raccolte da altre nazioni, ma i meccanismi per trasformare queste proposte in decisioni vincolanti ed utili a risolvere i problemi a livello internazionale sono complessi e per nulla certi. Sono molti gli ostacoli che si potrebbero interporre: poteri forti, popoli con interessi economici contrastanti, paesi non democratici, ecc.

Se è vero che non tutti i problemi possono essere risolti nell’ambito della sovranità nazionale, è però un dato di fatto che una parte dei problemi possono certamente essere risolti, o limitati, nell’ambito della sovranità nazionale esercitando la sovranità popolare.

Il rinunciare ora alla sovranità popolare cedendola ad organismi internazionali che sfuggono al controllo democratico è un gravissimo errore politico, in quanto il popolo viene privato ora della propria sovranità, mentre gli organismi internazionali non democratici usano ora la loro sovranità sul nostro popolo per tutelare interessi diversi da quelli del popolo.

E non è di certo riducendo le quote di sovranità popolare nazionale che si potrà ottenere una sovranità popolare internazionale.

Così come è falso che si possa recuperare la sovranità popolare solamente recuperando la sovranità nazionale.


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