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Scoperta a livello atomico può cambiare il mondo del petrolio e della chimica

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Gli ingegneri chimici dell’Università del Wisconsin-Madison hanno sviluppato un modello di funzionamento delle reazioni catalitiche su scala atomica. Si tratta di un progresso considerato una svolta nella ricerca sulla chimica computazionale. La comprensione potrebbe consentire a ingegneri e chimici di sviluppare catalizzatori più efficienti e di mettere a punto i processi industriali – potenzialmente con enormi risparmi energetici, dato che il 90% dei prodotti che incontriamo nella nostra vita sono prodotti, almeno in parte, attraverso la catalisi.

Il team ha pubblicato la notizia del loro progresso sulla rivista Science.
I materiali catalitici accelerano le reazioni chimiche senza subire essi stessi cambiamenti. Sono fondamentali per la raffinazione dei prodotti petroliferi e per la produzione di prodotti farmaceutici, plastiche, additivi alimentari, fertilizzanti, carburanti verdi, prodotti chimici industriali e molto altro. Due brevi filmati sono disponibili in un file zip a questo link della pagina Science abstract.

Scienziati e ingegneri hanno trascorso decenni a mettere a punto le reazioni catalitiche; però, poiché attualmente non è possibile osservare direttamente tali reazioni alle temperature e alle pressioni estreme spesso coinvolte nella catalisi su scala industriale, non si sa esattamente cosa avvenga su scala nanometrica e atomica. Si sa cosa entra, cosa esce, ma non esattamente le singole operazioni a livello atomico. Questa nuova ricerca aiuta a svelare questo mistero, con potenziali importanti ramificazioni per l’industria. Infatti, solo tre reazioni catalitiche – il reforming del metano a vapore per produrre idrogeno, la sintesi dell’ammoniaca per produrre fertilizzanti e la sintesi del metanolo – utilizzano quasi il 10% dell’energia mondiale.

Manos Mavrikakis, professore di ingegneria chimica e biologica presso l’UW-Madison, che ha guidato la ricerca, ha dichiarato: “Se si riducono di pochi gradi le temperature a cui si svolgono queste reazioni, si ottiene un’enorme diminuzione della domanda di energia che oggi l’umanità deve affrontare. Diminuendo il fabbisogno energetico per far funzionare tutti questi processi, si riduce anche la loro impronta ambientale”.

Mavrikakis e i ricercatori post-dottorato Lang Xu e Konstantinos G. Papanikolaou, insieme alla studentessa Lisa Je, hanno sviluppato e utilizzato potenti tecniche di modellazione per simulare le reazioni catalitiche su scala atomica. Per questo studio, hanno esaminato le reazioni che coinvolgono i catalizzatori di metalli di transizione in forma di nanoparticelle, che includono elementi come il platino, il palladio, il rodio, il rame, il nichel e altri importanti per l’industria e l’energia verde.

Secondo l’attuale modello di superficie rigida della catalisi, gli atomi strettamente impacchettati dei catalizzatori di metalli di transizione forniscono una superficie 2D a cui i reagenti chimici aderiscono e partecipano alle reazioni. Quando si applica una pressione e un calore o un’elettricità sufficienti, i legami tra gli atomi dei reagenti chimici si rompono, permettendo ai frammenti di ricombinarsi in nuovi prodotti chimici.

Mavrikakis ha spiegato: “L’ipotesi prevalente è che questi atomi metallici siano fortemente legati tra loro e forniscano semplicemente dei ‘punti di atterraggio’ per i reagenti. L’ipotesi di tutti è che i legami metallo-metallo rimangano intatti durante le reazioni che catalizzano. Per la prima volta, quindi, ci siamo posti la domanda: “L’energia necessaria per rompere i legami nei reagenti potrebbe essere di entità simile all’energia necessaria per rompere i legami all’interno del catalizzatore?””.

Secondo la modellazione di Mavrikakis, la risposta è sì. L’energia necessaria per lo svolgimento di molti processi catalitici è sufficiente per rompere i legami e consentire a singoli atomi di metallo (noti come adatomi) di liberarsi e iniziare a viaggiare sulla superficie del catalizzatore. Questi adatomi si combinano in cluster, che servono come siti sul catalizzatore dove le reazioni chimiche possono avvenire molto più facilmente rispetto alla superficie rigida originale del catalizzatore.
Utilizzando una serie di calcoli speciali, il team ha esaminato le interazioni di importanza industriale tra otto catalizzatori di metalli di transizione e 18 reagenti, identificando i livelli di energia e le temperature che possono formare questi piccoli cluster metallici, nonché il numero di atomi in ogni cluster, che può anche influenzare drasticamente i tassi di reazione.

I loro collaboratori sperimentali dell’Università della California, Berkeley, hanno utilizzato la microscopia a scansione tunneling a risoluzione atomica per osservare l’assorbimento del monossido di carbonio sul nichel (111), una forma cristallina stabile di nichel utile nella catalisi. I loro esperimenti hanno confermato i modelli che mostravano che vari difetti nella struttura del catalizzatore possono anche influenzare il modo in cui i singoli atomi di metallo si liberano e la formazione dei siti di reazione.

Mavrikakis afferma che il nuovo quadro sta mettendo in discussione le fondamenta del modo in cui i ricercatori comprendono la catalisi e il modo in cui si svolge. Potrebbe applicarsi anche ad altri catalizzatori non metallici, cosa che studierà in futuro. È anche rilevante per la comprensione di altri fenomeni importanti, come la corrosione e la tribologia, o l’interazione delle superfici in movimento.

“Stiamo rivedendo alcuni presupposti ben consolidati per capire come funzionano i catalizzatori e, più in generale, come le molecole interagiscono con i solidi”, ha detto Mavrikakis.

Il successo di questa ricerca può rivoluzionare tutti i processi chimici, perché permette di calcolare con precisione l’energia da utilizzare e di ottimizzarlo. Chi riuscirà a sfruttare meglio questa conoscenza avrà un vantaggio competitivo notevole, mentre si prospetta un calo significativo del costo di un insieme di prodotti chimici di sintesi. 


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