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RENZI RASSICURA GLI ITALIANI DICENDO CHE “L’ITALIA E’ GIA’ FUORI DALLA LINEA DI FUOCO”. SIAMO PROPRIO SICURI? (di Daniele Della Bona)

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Mancano ormai pochi giorni al referendum di domenica 5 luglio 2015 in Grecia, una pagina decisiva nella lunga e travagliata storia dell’Eurozona, che potrebbe segnare il futuro non solo della penisola ellenica ma anche del resto d’Europa e soprattutto dell’Eurozona. I cittadini greci sono chiamati a decidere se accettare o meno la proposta dei creditori internazionali (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea e istituzioni europee), una scelta che il governo guidato da Alexis Tsipras ha deciso di mettere nella mani dei cittadini.

Quest’articolo è basato su un documento esclusivo più ampio con le risposte alle questioni più importanti riguardanti la situazione greca redatto da FEF Academy (trovi il link al documento integrale in chiusura). Redatto sulla base di un report interno di Deutsche Bank del 19 giugno 2015, dal titolo Focus Europe. On the edge, che abbiamo potuto consultare in via esclusiva. Il tutto è stato integrato da una serie di colloqui con economisti ed esperti di finanza internazionali. La ricerca e la raccolta dei dati, così come la rielaborazione delle informazioni, sono state effettuate direttamente da FEF Academy.

Adesso vedremo qual è l’esposizione dell’Italia nei confronti della Grecia per capire se realmente possiamo dormire sonni tranquilli come suggerito da Renzi.

L’Italia, insieme agli altri paesi dell’Area Euro, partecipa pro quota all’EFSF (17,86 %). I suoi versamenti complessivi, fra EFSF e prestiti bilaterali ai paesi membri dell’Eurozona, sono secondo la Banca d’Italia pari a 43 miliardi e 901 milioni di euro  (dato ad aprile 2015), dei quali 27 miliardi e 251 milioni sono prestiti alla Grecia tramite l’EFSF e 10 miliardi e 8 milioni di euro sono stati erogati come prestito bilaterale. Pertanto, su questi due fronti, l’Italia risulta esposta complessivamente verso la Grecia per 37 miliardi e 259 milioni di euro.

A questa cifra potrebbe aggiungersi l’eventuale ricapitalizzazione della BCE in caso di default greco da parte della Banca d’Italia, che però potrebbe potenzialmente toccare al governo italiano.  Si tratta di altri 12,9 miliardi di euro. Anche se, vedendo i dati, i numeri non sembrano rendere plausibile una chiamata in causa del governo di Roma su questo fronte (per tutti i dettagli e i calcoli con cui è stata ricavata questa cifra vedi documento integrale).

Complessivamente, comunque, l’esposizione complessiva dell’Italia verso la Grecia è secondo i nostri calcoli pari a 50,1 miliardi di euro, di cui 37,2 miliardi certamente sulle spalle del governo di Roma.

L’European Financial Stability Facility (EFSF) o cosiddetto Fondo Salva Stati, risulta essere il maggior creditore greco con una cifra pari a 130,9 miliardi di euro. Di questa cifra però la Grecia dovrà ripagare la prima tranche solamente nel 2023 e a seguire fino al 2054. Insomma, non appare esserci un rischio imminente su questo fronte a meno che, una volta attivate le clausole di cross default dopo il mancato pagamento al FMI, l’EFSF non opti per un’accelerazione dei pagamenti.

Mettendo da parte questo scenario, nell’ipotesi di un mancato pagamento da parte di Atene o di una ristrutturazione del debito (come peraltro aveva richiesto il governo Tsipras inviando una lettera il 30 giugno all’Eurogruppo dove chiedeva che ”il debito verso l’EFSF fosse ristrutturato e rimodulato”), cosa prevede l’EFSF a livello legale in casi d’inadempienza di uno Stato debitore?

La cornice legale di accordo fra i paesi aderenti al Fondo prevede che “se un paese non onora i suoi pagamenti, le garanzie saranno richieste ai garanti”. La mancanza di fondi sarebbe coperta, quindi tramite la richiesta ai vari Stati aderenti di adempiere agli impegni di garanzia sottoscritti. Queste garanzie sono “irrevocabili e incondizionate”. Per l’Italia si parlerebbe di una cifra che, stando ai documenti ufficiali dell’EFSF, sarebbe pari a un massimo di 139 miliardi e 267 milioni. Soldi che, in caso di bisogno, l’Italia sarebbe quindi costretta a mobilitare (non possiamo ipotizzare una cifra eventuale perché dipenderebbe da una serie di fattori non facilmente stimabili). Sorte analoga toccherebbe a tutti gli altri governi, Germania in testa con 211 miliardi di euro. E forse proprio quest’aspetto spiega la riluttanza delle istituzioni europee verso una ristrutturazione del debito greco, che darebbe non pochi grattacapi ai governi a livello politico con i loro rispettivi elettorati nazionali.

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Puoi trovare l’intero documento direttamente su FEF Academy al seguente indirizzo:

http://www.fef.academy/20150703-grecia-doc/


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