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Petrolio: nel 2022 gli USA saranno importatori netti. Troppa diffidenza nella politica?

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L’aumento dell’import renderà gli Stati Uniti un importatore netto di petrolio anche quest’anno, come nel 2021, dopo nel 2020 il paese è stato un esportatore, secondo un rapporto del  US Energy Information Administration (EIA). Quindi gli USA saranno dipendenti dalle produzioni estere, sud americane o medio orientali, o, se va bene, dal Canada.

Mentre gli Stati Uniti sono stati un esportatore netto di prodotti petroliferi per più di un decennio, sono sempre stati un importatore netto di petrolio greggio, cioè importano più greggio di quanto non esportino.

Il commercio totale di greggio e prodotti petroliferi ha segnato un cambiamento storico nel 2020, quando gli Stati Uniti sono diventati un esportatore netto di petrolio. Su base mensile, è stato nel settembre 2019 quello del cambiamento, il primo mese di export netto dal 1973.

Nel 2020, il crollo della domanda globale di petrolio e i bassi prezzi del petrolio che hanno rimosso gli incentivi per i paesi esportatori di petrolio ad aumentare la produzione hanno consentito agli Stati Uniti di esportare più petrolio nel 2020 rispetto al passato, ha affermato oggi la EIA.

Sempre nel 2020, la differenza tra le importazioni e le esportazioni di petrolio greggio statunitensi è scesa al punto più basso almeno dal 1985, ha aggiunto l’amministrazione. Con l’aumento dei consumi nel 2021, le importazioni nette di petrolio greggio sono aumentate del 19% a una media di 3,2 milioni di barili al giorno (bpd).

Gli Stati Uniti continueranno a importare più greggio di quello che esportano quest’anno, con importazioni nette previste a una media annua di 3,9 milioni di barili al giorno. Perfino nel 2023, anche con una produzione interna record pari a 12,6 milioni di barili al giorno, comunque gli USA importerebbero 3,4 milioni di barili al giorno.

Sembra che vi sia comunque una sorta di timidezza da parte dei produttori interni USA ad aumentare la produzione, nonostante i prezzi elevati e in crescita. Dietro questo probabilmente vi è un’incertezza nella politica energetica di Biden che ancora non punta sulla produzione interna. Nessuno vuole investire per vedersi un giorno tagliare le gambe, e i risultati sono importazioni e prezzi elevati dei prodotti finiti.

 

 


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