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Perchè la Francia ha nazionalizzato EDF: una questione di debiti, e tanti…

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Elisabeth Borne ha annunciato “l’intenzione dello Stato di detenere il 100% del capitale di EDF” come uno dei primi atti del governo francese. Nel suo discorso il primo ministro di Macron ha detto che così  l’azienda energetica potrà realizzare “progetti ambiziosi che sono essenziali per il nostro futuro energetico”. Già azionista per quasi l’84%, lo Stato dovrà acquistare il restante 16%, per un valore (al 7 luglio 2022) di 5,4 miliardi di euro, a cui va aggiunto un bonus per gli azionisti che potrebbe portare il conto a 7 miliardi. Una mossa necessaria per Parigi? Pare proprio di si, ma per motivi molto terra terra, come ben riporta Marianne.

Il problema principale che il governo deve affrontare è la situazione finanziaria di EDF. Con oltre 42 miliardi di debiti contabilizzati, probabilmente più del doppio del debito economico alla fine del 2022, il gruppo ha visto abbassare il rating delle sue obbligazioni all’inizio dell’anno, nonostante la garanzia dello Stato.

Sull’azienda elettrica pesano le difficoltà del settore nucleare, quelle dei cantieri EPR che stanno accumulando ritardi e costi aggiuntivi, ma anche quelle delle centrali francesi in servizio colpite da difetti di corrosione. Soprattutto, sta pagando a caro prezzo la concorrenza imposta da Bruxelles, in particolare in questo periodo di impennata dei prezzi: obbligata per legge a vendere parte della sua produzione nucleare ai concorrenti privati a prezzi molto bassi (un dispositivo chiamato Arenh per l’accesso regolamentato al nucleare storico), ha registrato un’enorme perdita di guadagni. Il nucleare richiede grossi investimenti e stabili e male si accorda con le politiche di austerità e di finta concorrenza imposte dall’Unione europea. Ora EDF paga il conto, coi soldi dei francesi. 

Ora, per realizzare il nuovo programma nucleare voluto da Emmanuel Macron, EDF dovrà chiedere un prestito. Il costo di costruzione dei sei reattori EPR annunciati da qui al 2050 è stimato in 52 miliardi di euro. A questo prezzo, il tasso concesso dagli istituti di credito è di notevole importanza. Se lo Stato possiede il 100% delle azioni, il prestito a EDF equivale a un prestito allo Stato: i detentori di capitale saranno più rassicurati e i tassi saranno più bassi, però il debito francese aumenterà di non poco, dato che verrà assunto il debito rimanente di EDF e quello nuovo per le centrali. Però ora la Francia ha deciso  che non è più il caso di perdere tempo. Non è mica l’Italia..

L’operazione di “nazionalizzazione” semplificherà anche la governance della società. Lo stato francese, a garanzia dei privati, utilizza il sistema Arenh, che definisce i prezzi a cui EDF è obbligata a cedere l’elettricità delle centrali nucleari vecchie al mercato. Il prezzo è basso, 42euro al MW/h, contro prezzi spot ora attorno ai 300/400 euro a MW/h, e questo spiega come mai siano mancati i soldi per le manutenzioni alle centrali. Ora è stato posto lo “Scudo tariffario”, un prezzo fisso di tutela per famiglie e piccole aziende, ma questo colpisce ancora di più gli utili di EDF. Ecco allora che la nazionalizzazione diventa un regalo per gli azionisti privati come, guarda caso, Blackrock, Vanguard e APG. Però non è finita.

La  Francia energetica vive un paradosso dovuto alla privatizzazione forzata: esistono numerose società di grandi e medie dimensioni, anche legate a gruppi commerciali, ma la produzione è sempre più concentrata in EDF che ha addirittura acquisito, non perso, quote di mercato. I privati hanno, al limite, distribuito con la rete pubblica, ma hanno investito poco nella produzione. Ora l’invadente Bruxelles probabilmente interverrà obbligando a cedere ai privati parti di EDF, come le rinnovabili e l’idroelettrico, per mantenere il piedi una finzione antieconomica di libero mercato. Però l’ideologia vince sulla logica. 

Comunque la privatizzazione di EDF non è che temporanea. La natura privatistica della società non è stata cambiata, non è diventata una vera azienda statale, per cui lo stato potrà cederne le quote e fare contenti gli speculatori, dopo aver riversato le perdite sul pubblico. Un metodo comodo di fare affari, quello che piace alla UE.


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