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Politica

Da alcuni giorni sembra che Napolitano vada sostituito entro Natale: perchè tutta questa fretta? Si intravede il ritorno del vincolo esterno atlantico, o così si spera

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Le possibili dimissioni di Napolitano hanno colto tutti alla sprovvista, o quasi. Bisogna essere razionali ed organizzati per capirci qualcosa. Dunque, cronologicamente, Re Giorgio lo scorso 4 Novembre ha affermato che le forze armate possono essere chiamate a tenere sotto controllo anche antagonismi interni. Successivamente c’è stata la debacle di Obama con la perdita del Senato, per inciso tale branchia del Parlamento USA è quella che sovrintende la politica estera ed anche la Difesa, oggi già saldamente in mano – la Difesa – ad un rispettabilissimo Repubblicano. Poi, negli ultimi giorni abbiamo visto sulla stampa d’oltreoceano riverberare la notizia che George P. Bush, nipote di due presidenti, ha iniziato la carriera politica e probabilmente sarà il candidato repubblicano nel 2016.

E’ inutile girarci intorno, quanto successo in Italia con la caduta del Cavaliere è molto probabilmente da collegare con la sfida tra le due anime politiche USA – democratici e repubblicani – del dopo G.W. Bush: è perfettamente impossibile che il più grande alleato USA non anglosassone in almeno due guerre in Medio Oriente sia stato fatto cadere nella maniera che tutti abbiamo visto, di fatto un golpe bianco (parlo della “forma” della caduta politica del Cavaliere e del fatto che tale “cambiamento” sia stato avallato da oltreoceano scaricando completamente ed anzi disonorando una pedina da 90 degli USA sullo scacchiere globale degli ultimi 20 anni, non discuto invece sulla sostanza delle accuse).

Parallelamente questa settimana abbiamo visto Renzi affermare che il rapporto con il centro destra di Berlusconi “scricchiola”, fino a 10 giorni or sono nessuno aveva sentito il bisogno di esternare queste problematiche.

Dulcis in fundo, il presidente Napolitano non smentisce oggi i rumors sulle sue dimissioni, rumors che arrivano come un fulmine a ciel sereno. Apparentemente.

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Iniziamo ricordando che il governo Prodi fu affossato possibilmente da Mastella (c’è un’indagine in corso), altrettanto possibilmente Berlusconi pagò per i voti necessari a farlo cadere (encore, c’è un’indagine in corso), certamente il senatore eletto tra gli italiani all’estero Sergio De Gregorio fu attore in tale grande gioco. Ma le realtà processuali ci dicono che lo stesso De Gregorio ammise che a far cadere Prodi, che era contrario alla guerra in medio oriente, spingevano proprio gli USA e che sia il capo della CIA in Italia che l’Ambasciatore USA a Roma avevano una certa comunanza d’intenti nella caduta del governo di allora [“il capo della Cia all’ambasciata» Usa di Via Veneto Robert Gorelik disse all’allora ministro della giustizia Clemente Mastella «che l’amministrazione americana avrebbe avuto riconoscenza» per chi avesse messo fine all’esperienza del governo Prodi”, dai verbali dell’interrogatorio di De Gregorio pubblicati da l’Espresso]. Ben inteso, le persone citate erano tutte repubblicane in quel periodo. Come tradizionalmente militano nelle fine repubblicane gli oriundi d’America – di norma -, dimenticate Bill Di Blasio (che fa Wilhelm di cognome, tedesco come il padre, diventò Di Blasio successivamente prendendo il cognome della madre). E teniamo a mente che De Gregorio, italiano eletto all’estero, ha le sue radici a Philadelfia e non è precisamente una persona qualsiasi sebbene i giornali nostrani del post-Berlusconi sembrino farlo [incredibilmente] apparire come una sorta di degenerazione italiana tra gli oriundi. Leggete questa nota di stampa:

Roma, 4 ago. – (Adnkronos) – “L’impegno e l’attenzione mostrati nei confronti della comunità italo-americana e, più in generale, nei confronti degli italiani all’estero è la motivazione del premio speciale che la Niapac (National Italian American Political Action Committee), consegnerà al senatore Sergio De Gregorio, presidente della commissione Difesa del Senato, nel corso di una cerimonia a Philadelphia, negli Stati Uniti d’America”. Lo ha detto il presidente della Niapac, Amato L. Berardi annunciando l’incontro, previsto per il giorno 19 ottobre 2006, a cui parteciperanno il senatore Usa Eric Santorum e il senatore della Pennsylvania Vincent Fumo, oltre ad una folta rappresentanza di cittadini italo-americani.

Il 21 ottobre -continua Berardi- il senatore De Gregorio sarà ospite speciale alla serata di gala organizzata dalla Niaf (National Italian American Foundation), alla quale – come da tradizione – prendono parte il presidente degli Stati Uniti e i massimi rappresentanti del Governo Usa“.

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Insomma, qui si sta parlando di soggetti che rappresentano e fanno parte del cuore pulsante dell’America, e fino ad ora non ho ancora ricordato che la firma dell’ordine monstre per gli elicotteri presidenziali dell’era G.W. Bush con Agusta Westland è avvenuta grazie al co-fondatore della camera di commercio italo americana di Philadelfia (…). E’ chiaro che tali ordini per prodotti italiani fatti ad aziende italiane comportano ricchezza ed occupazione anche e soprattutto in Italia.

Ma torniamo a bomba: avere un presidente della Repubblica Italiana in grado di orientare la politica è assolutamente cruciale in assenza di una maggioranza stabile, quale è la situazione attuale nella Penisola. Da gennaio prossimo l’effetto della perdita del Senato USA da parte dei democratici si concretizzerà sul campo, ossia significa che a partire da allora le leve del comando della politica estera soprattutto in relazione alle azioni da attuare sul campo saranno in mano repubblicana, di certo una mano non nemica dell’Italia o meglio certamente non così avversa agli interessi del Belpaese come lo è stata la corrente amministrazione USA (molto probabilmente osserverete modifiche negli organigrammi delle ambasciate e di parte del corpo consolare).

Dunque, se si vuole tentare di fare eleggere Prodi al Quirinale – vedrete, è li che si cercherà di arrivare, per altro dietro la spinta dei poteri forti che hanno goduto dalle privatizzazioni di fine millennio – bisogna fare in fretta, prima di fine Gennaio prossimo: con Napolitano un Prodi presidente non era necessario, domani certamente lo sarà. Voi direte: ma perchè non l’hanno fatto eleggere alla fine del mandato scorso? Beh, lì c’è stato il sortilegio elettorale di Berlusconi ed il supporto di Grillo nell’intento di negargli il Quirinale (memore dell’avversione USA), molto deve essere ancora scritto sulle radici del Movimento Cinque Stelle che comunque sta facendo un egregio lavoro di moralizzazione del Parlamento, strategicamente invece sembrano un voluto disastro. In ogni caso i cambiamenti con il vento in poppa – come quello che ha avuto Renzi fino ad oggi e che domani molto probabilmente cercherà le elezioni anticipate per gli stessi motivi – devono avvenire prima della fine dell’anno e quindi per un certa schiera politica è essenziale attivarsi subito per avere la persona giusta alla Presidenza (solo con un supporto concreto sarebbe possibile per l’Italia tentare di cambiare le carte in Europa e possibilmente anche imboccare la lunga strada dell’uscita dall’euro).

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Nelle scorse settimane ho scritto che la legge Severino va abrogata: resto della stessa idea, quello è stato lo strumento finale per affossare il resiliente Cavaliere, legge per altro in forte dubbio di Costituzionalità come indicato dalla sentenza su De Magistris, lui stesso un giudice.

Gli annunci bellicosi di Napolitano nella festa del 4 Novembre scorso, quelle che hanno richiamato le forze armate anche ad essere pronte a reprimere gli antagonismi interni, probabilmente hanno catalizzato la necessaria successione di Re Giorgio a valle della sconfitta di Obama al Senato USA: troppo forti tali parole!

Resta il fatto i prossimi mesi saranno caldissimi e l’Italia tornerà a ballare (e temo che nei prossimi mesi vedremo l’attacco finale agli interessi italiani soprattutto in termini aziendali ex P.P.S.S., vedremo), nelle prossime settimane vi consiglio di seguire le evoluzioni sui rapporti Renzi e Berlusconi con questa chiave di lettura e vedrete che da una parte emergerà la netta volontà di litigare.

Un’ultima considerazione: se qualcuno pensa che sia pretestuoso dare così tanta importanza agli USA nell’evolversi della storia politica italiana attuale, beh, posso solo consigliare prima di trarre conclusioni affrettate di andare a rileggere la storia di quello che gli oriundi han fatto per la più grande democrazia del mondo. E non parlo solo di E. Fermi o di L. Luciano, no! [visto che alla presidenza USA andò il figlio del più grande avversario di Al Capone nella Chicago del proibizionismo, J.F. Kennedy, mi verrebbe da dire che se non fosse stato fatto fuori per evasione fiscale potremmo anche aver avuto alla presidenza USA un italo-americano, magari un uomo ricchissimo ed opportunamente riabilitato politicamente). Parlo anche del ruolo che gli italo-americani hanno oggi in USA, nel business, nella politica, nella cultura, nel costume. Forse vi è sfuggito che l’ex segretario alla Difesa nonchè ex capo della CIA fosse di origini italiane, oltre a poter annoverare tra le fila degli oriundi anche un ex comandante in capo delle forze di difesa americane, due giudici della Corte Suprema tra cui l’attuale decano, svariati politici ed imprenditori di altissimo lignaggio. E molti di questi partecipano attivamente alla vita delle Camere di Commercio italo americane sopra citate. Anche per questa ragione l’Italia è e resterà indissolubilmente legata agli USA nel prossimo futuro.

Che sia chiaro: se devo scegliere da chi farmi comandare, beh, senza ombra di dubbio ad un (nuovo) padrone estremamente cinico, barbaro nei modi, relativamente poverello – e quindi anche molto invidioso delle ricchezze altrui  ed appena di là delle Alpi, ne preferisco uno ricco – anzi ricchissimo -, potentissimo, amico della mia stirpe e soprattutto molto ma molto lontano….

Mitt Dolcino


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