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L’inflazione USA continua a cavalcare, quindi la FED continuerà a stringere

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300 dpi Rick Nease illustration of man burning $100 bill; can be used with stories about self-destructive financial behavior. Detroit Free Press 2012
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I dati dell’inflazione USA hanno visto una riduzione minima di questo indicatore, che lascia presagire una continuazione della politica restrittiva da parte della Banca centrale a stelle e strisce. Il tasso d’inflazione annuale negli Stati Uniti è rallentato per il terzo mese consecutivo, attestandosi all’8,2% nel settembre del 2022, il valore più basso degli ultimi sette mesi, rispetto all’8,3% di agosto ma al di sopra delle previsioni del mercato dell’8,1%. L’indice energetico è aumentato del 19,8%, rispetto al 23,8% di agosto, a causa della benzina (18,2% contro 25,6%), dell’olio combustibile (58,1% contro 68,8%) e dell’elettricità (15,5% contro 15,8%, il valore più alto dal 1981). Un piccolo rallentamento è stato registrato anche nel costo dei generi alimentari (11,2% vs 11,4%, il più alto dal 1979) e delle auto e dei camion usati (7,2% vs 7,8%). D’altro canto, i prezzi degli alloggi sono aumentati più rapidamente (6,6% contro 6,2%). Nel frattempo, il tasso core, che esclude la volatilità di cibo ed energia, è salito al 6,6%, il più alto dall’agosto del 1982, e al di sopra delle aspettative del mercato del 6,5%, segno che le pressioni inflazionistiche rimangono elevate.

Ecco l’inflazione CPI

ed ecco la visione in un’ottica di più lungo periodo

Torniamo agli ani ottanta per vedere questo livello di inflazione, però ancora più grave è l’inflazione “Core” , quella depurata dalle fluttuazione stagionali agricole ed energetiche, che ha raggiunto i livelli dei primi anni ottanta

Questa inflazione, legata alle dinamiche salariali e al surriscaldamento economico, è cresciuta a livelli record, e giustifica l’intervento della FED tramite l’aumento dei tassi, per raffreddare l’economia stessa. Questo è una scelta quasi obbligata per gli USA, e un enorme problema per gli altri paesi del mondo. L’aumento degli interessi dividerà il globo in due parti: i paesi che sceglieranno di seguire gli USA, come quelli dell’Euro Zona, che aumenteranno i tassi andando in recessione, e quelli che non lo faranno, come il Giappone, che vedranno le proprie valute svalutate. Il tutto in attesa che scoppi qualche grosso problema a livello di debiti di stato.

 

 

 

 


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