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L’Europa non può fare a meno del petrolio russo, e viceversa

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Quando si parla di problemi energetici europei ci si concentra sul tema del Gas Naturale, la cui stretta nelle forniture dalla Russia ha messo in crisi la UE. In questo modo però ci si dimentica sempre delle forniture di petrolio e derivati, il cui flusso da est a ovest è tutt’altro che secondario. Secondo gli analisti un’interruzione o un significativo calo delle esportazioni di petrolio russo in Europa porterebbe ad un’esplosione dei prezzi che supererebbe facilmente i 100 dollari.

Bisogna dire che gli esperti ritengono questa mossa per fortuna poco probabile, perché danneggerebbe entrambe le parti. Qualsiasi sanzione rigorosa sulle esportazioni di petrolio russo in Europa priverebbe il continente del suo unico più grande fornitore di petrolio in un momento in cui i governi stanno lottando con l’impennata dei prezzi dell’energia, ma toglierebbe a Mosca un importante e continuo flusso di necessaria liquidità finanziaria in valuta forte.

A questo punto, è improbabile che le forniture di petrolio e gas dalla Russia all’Europa vengano tagliate in modo significativo poiché sarebbe reciprocamente distruttivo. La Russia esporta metà del suo greggio in Europa e fa affidamento su quelle entrate petrolifere, che costituiscono una grande quota delle entrate del suo governo. L’Europa, dal canto suo, importa dalla Russia più di un terzo del gas naturale e più di un quarto del greggio che consuma.

La situazione di stallo tra Russia occidentale e Ucraina ha mostrato ancora una volta l’elevata dipendenza dell’Europa dalle forniture energetiche russe. Allo stato attuale, non esiste un’alternativa immediata a tali forniture, nonostante gli sforzi degli Stati Uniti e dell’UE, che stanno setacciando il mondo alla ricerca di ulteriori forniture di LNG che potrebbero essere inviate in Europa nel caso in cui la crisi sfoci in un conflitto. Nel petrolio la situazione è simile: la Russia, il secondo esportatore mondiale di petrolio dopo l’Arabia Saudita, esporta circa 5 milioni di barili al giorno (bpd) di greggio. Quasi la metà, o il 48 percento, è andata nei paesi europei nel 2020, secondo i dati della US Energy Information Administration (EIA). L’Europa, in particolare le raffinerie in Germania, Paesi Bassi e Polonia, assorbono il 48% di tutte le esportazioni russe di greggio.

Nello stesso tempo la Russia si è finanziata con l’Europa: secondo i dati raccolti dalla EIA, le entrate del petrolio greggio e del gas naturale hanno rappresentato in media il 43% delle entrate annuali totali del governo russo tra il 2011 e il 2020.

D’altra parte, la Russia è il più grande fornitore esterno di greggio, gas naturale e combustibili solidi all’Unione Europea.

La Russia ha rappresentato il 26,9% delle importazioni di petrolio greggio dell’Unione Europea e il 41,1% delle importazioni di gas naturale nel 2019, l’ultimo anno pre-pandemia, secondo i dati Eurostat. La Russia è il principale fornitore di petrolio, il combustibile più utilizzato nel consumo finale di energia dell’UE. Secondo Eurostat, i prodotti petroliferi, come olio combustibile, benzina e gasolio, rappresentano il 41% del consumo finale di energia nell’UE.

Nel 2021, la Russia è rimasta il principale fornitore di gas naturale e oli di petrolio all’UE. Quindi facciamoci una domanda: che interesse avrebbero entrambe le parti in un conflitto militare che interrompesse gli scambi commerciali? Nessuno!

 


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