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Politica

L’AVENTINO

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Dopo quanto è avvenuto alla Camera dei Deputati, domani i giornali saranno pieni della parola “Aventino”. E la domanda che si porrà chi si occupa di politica è: ora che avverrà?
Naturalmente è troppo presto per saperlo e fare commenti. Bisognerà vedere se i vari partiti rimarranno compatti: e già si scrive dei malumori all’interno di Forza Italia e ancor più all’interno del Pd. Bisognerà tenere conto dei numeri, diversi alla Camera (dove il Pd non ha bisogno di nessuno) e al Senato. Delle conseguenze, nel caso la decisione delle opposizioni sia mantenuta, sui decreti in scadenza a giorni. Soprattutto al Senato, dove il Pd non dispone della maggioranza di ferro assicurata dal Porcellum. Un sistema elettorale a lungo stramaledetto e dinanzi a cui oggi il Pd dovrebbe accendere un cero. E, a proposito di sistemi elettorali: nel caso cadesse il governo non si sa nemmeno con quale legge si andrebbe a votare, magari con l’Italicum alla Camera e il “Consultellum” al Senato? Un’infinità di dubbi.
Nella conferenza stampa, Renato Brunetta ha già annunciato che, da martedì prossimo il Presidente della Repubblica comincerà a ricevere i vari gruppi dell’opposizione, ad uno ad uno, per discutere di quanto accaduto. Loro probabilmente andranno al Quirinale per “chiedere giustizia” (anche se è più che dubbio che il Presidente abbia i poteri per rendergliela) mentre Mattarella probabilmente cercherà di convincerli a tornare in aula. Del resto – farà probabilmente osservare ai visitatori – non sarà la prima volta che l’opposizione deve subire un voto su argomenti importanti cui era visceralmente contraria.
E forse il punto è proprio questo. Anche ad ammettere che l’Aventino non sia mantenuto, l’episodio di oggi è importantissimo come sintomo. Costituisce infatti la realizzazione di ciò che tante volte è stato pronosticato. Matteo Renzi è un vero politico: e lo si vede nella risolutezza, quasi nella brutalità con cui si muove, dimostrandosi un condottiero che non baratta la vittoria con nessun altro orpello. E fin qui, lo staremmo lodando. Dove cominciano le critiche – già ripetutamente espresse – è riguardo allo stile. Renzi non conosce la misura: è provocatorio, aggressivo, iattante. Perfino un po’ “bullo”, come l’ha definito oggi Brunetta. Ciò corrisponde – come detto e ridetto – a quel peccato di hybris che gli dei non perdonano. Nettuno forse avrebbe perdonato ad Ulisse di avere accecato il Ciclope – dopo tutto l’aveva fatto per legittima difesa – se questi, andando via, non avesse irriso il gigante. Ecco, l’irrisione Ulisse se la poteva risparmiare, e con essa anni ed anni di guai. Esattamente come Renzi avrebbe tante volte potuto evitare di presentarsi come il giovanotto che entra nel saloon del West e provoca, e insulta e sfida tutti, perché crede di essere il più veloce a sparare. Mentre non si può mai essere sicuri che fra i più tranquilli e pazienti avventori non sieda Gary Cooper.
Renzi è sembrato mettere in pratica il detto di Mussolini: “Molti nemici molto onore”. Senza pensare che quel detto ha portato male a chi l’ha inventato. Come ha insegnato La Fontaine, “On peut avoir besoin d’un plus petit que soi”, si può avere bisogno di uno più piccolo di noi. E infatti nella favola, che già fu di Esopo, il leone deve la salvezza a un topo.
Nessuno conosce il futuro e può darsi che il nostro Primo Ministro riesca a superare indenne queste rapide. Come può darsi che ci affoghi dentro. Una cosa è certa: la lezione della moderazione non passerà mai di moda e va ascoltata. L’entusiasmo per il vincitore invincibile e favorito dagli dei è finito con Achille. Da allora il vincitore umano e pietoso è preferito perfino dall’impetuoso Foscolo: “E tu onor di pianti, Ettore, avrai…”
L’immagine del vincitore che si batte il petto va lasciata agli eroi del ring, come Cassius Clay. Perché spesso tutto il loro valore sta dentro i guantoni. Nella vita civile e politica, il termine “bullo” squalifica più di altri, che non si citeranno per amor di patria.
Renzi ha tirato troppo la corda ed ora essa appare spezzata. Speriamo sappia riannodarla, per il bene dell’Italia. A quella corda siamo aggrappati anche noi.
Gianni Pardo, [email protected]
13 febbraio 2015


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