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La nuova politica monetaria della BCE: tanta liquidità, ma problemi sempre permanenti

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La scorsa settimana la BCE ha annunciato la nuova politica monetaria e un nuovo obiettivo di tasso d’inflazione, unica sua guida dato che, caso unico al mondo, la BCE non ha un obiettivo di tasso di disoccupazione.

Quindi cosa c’è di nuovo? “Appena sotto il 2 per cento”, la formulazione del 2003, è stata sostituita da “2 per cento”. Nel testo si fa anche riferimento   alle conoscenze acquisite da allora sulla gravità della paralisi della politica monetaria che può verificarsi quando l’inflazione scende troppo. Quindi “la stabilità dei prezzi si mantiene meglio puntando a un obiettivo d’inflazione del 2% nel medio termine”, il che significa che, nel breve termine, questo obiettivo può anche essere superato.

Quindi la BCE si è data un obiettivo leggermente più flessibile rispetto a prima, con la possibilità di superamento della soglia per un breve periodo, diciamo qualche trimestre. Che strumenti ha a disposizione la banca centrle per centrare l’obiettivo? Eccoli:

  • tassi di riferimento (deposito, rifinanziamento etc);
  • le indicazioni strategiche di politica economica;
  • le operazioni di rifinanziamento;
  • gli acquisti di asset, che negli ultimi anni sono state le operazioni più utilizzate, anche per controllare i livelli di debito.

Questi strumenti non sarebbero stati utilizzati nel 2003 , ai primordi dell’Euro. Adesso invece, passo passo, sono diventati quasi comuni. Chi avrebbe pensato al QE del PSPP nel 2003, per non parlare poi dell’enorme PEPP. Ora queste cose sono diventate quasi comuni.

Ci so potrebbe chiedere: la Bundesbank e la Banca Centrale dei Paesi bassi, i cani da guardia, con gli austriaci, della rigidità nell’area euro, come hanno potuto accettare questi cambiamenti nella politica economica. Da un lato una serie di emergenze, a partire dalla crisi del debito al Covid, hanno indicato come una politica economica troppo rigida fosse controproducente per le stesse economie di questi stati, dall’altro hanno ottenuto anche qualcosa in cambio: ad esempio la BCE sta per introdurre un indice speciale che tiene conto dell’andamento dei valori immobiliari, indicatore che però rimarrà separato dal tasso d’inflazione, pur dando dei dati che comunque saranno considerati. Questo però potrebbe portare a un’ulteriore spaccatura fra paesi con valori immobiliari in crescita (Olanda e Germania) e altri con valori in calo o stabili (Italia).

Il problema è che la politica monetaria della BCE avrò salvato nel breve termine l’euro, ma non ha cancellato, anzi ha accentuato, i contrasti economici fra i vari paesi della BCE. Il tasso di equilibrio dell’area euro, quello che permette da un lato una crescita minima, dall’altro la sopravvivenza della moneta unica, e dall’altro ancora il non fallimento degli stati, è ormai così basso da essere negativo, il tutto senza però nessun vero ammodernamento delle strutture della UE e o degli stati nazionali. Gli interessi di inflazione potranno essere anche sopra il 2%, ma i problemi sono tutti li.

 


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