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La Francia vuole tassare lo streaming della musica online

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Il Ministero della Cultura francese ha annunciato mercoledì (13 dicembre) che i ricavi delle piattaforme di streaming saranno tassati per promuovere l’industria musicale francese, suscitando l’indignazione di Spotify e Deezer, le due principali piattaforme musicali in Francia

La nuova tassa finanzierà direttamente il Centre national de la musique (CNM), che è stato  creato nel 2020. Segue l’esempio del Centre national de la cinématographie (CNC), che dal 1993 applica una tassa sul prezzo del biglietto del cinema per finanziare il settore audiovisivo creativo francese, ma, in questo caso, la forma musicale tassata è molto più sfuggente.

Dopo l’arbitrato del governo, la legge finanziaria per il 2024 confermerà la creazione di un contributo da parte delle piattaforme di streaming”, ha dichiarato il Ministero della Cultura all’AFP.

Non sono stati rivelati né l’importo né i dettagli della tassa. Non è nemmeno chiaro l’ammontare delle entrate previste e , neppure, come potrebbe essere bloccata la piattaforma che, eventualmente, non versasse l’imposta. Nel contempo è sempre ben chiaro come il politico medio veda solo una soluzione per qualsiasi problema: tassare.

Ad aprile, Julien Bargeton, allora senatore del partito Renaissance (Rinnovare l’Europa), aveva presentato un rapporto al ministro della Cultura Rima Abdul Malak suggerendo una tassa dell’1,75% sui ricavi delle piattaforme di streaming, con “un gettito annuo previsto di circa 20 milioni di euro”.

Contrattacco delle piattaforme online

Questa tassa è ingiusta perché riguarda solo le vendite in streaming e non le vendite fisiche o le radio musicali”, ha dichiarato Antoine Monin, amministratore delegato di Spotify in Francia, parlando a FranceInfo giovedì (14 dicembre).

A suo avviso, la tassa del governo francese renderà più difficile per gli operatori europei come la svedese Spotify e la francese Deezer competere con i giganti tecnologici americani come YouTube Music, Apple Music e Amazon Music.

“Spotify ha realizzato per la prima volta un profitto nello scorso trimestre [65 milioni di euro], ma per il momento ci troviamo in un fragile equilibrio finanziario”, ha proseguito.

L’amministratore delegato di Spotify, Daniel Ek, ha annunciato all’inizio del mese che la società avrebbe tagliato la sua forza lavoro globale del “17% in tutta l’azienda”, per un totale di 1.500 licenziamenti.

Contributo volontario contro tasse

Mercoledì scorso Apple, Deezer, Meta, Spotify, TikTok e YouTube hanno annunciato di aver raggiunto un accordo comune per versare contributi volontari al Centro nazionale della musica, con un pagamento previsto di “oltre 14 milioni di euro nel 2025”.

In un articolo pubblicato su Le Monde il 6 dicembre, Pascal Nègre, presidente dell’etichetta musicale 6&7, si è espresso a favore di una tassa, affermando che un contributo volontario dell’industria consentirebbe agli operatori privati di influenzare le politiche musicali francesi e di ostacolare la “diversità francese”, mentre una tassa sosterrebbe le ambizioni della Francia per il suo settore musicale.

A novembre, il Senato ha votato a favore di una tassa sullo streaming musicale come parte della legge di bilancio 2024. Secondo la proposta dei senatori, solo le aziende con il fatturato più elevato (oltre 400 milioni di euro) pagherebbero una tassa dell’1,75%.

Il voto è stato accolto con favore da diverse associazioni, che hanno definito la tassa “più rassicurante rispetto al meccanismo del contributo volontario”.

Secondo Deezer e Spotify, la decisione creerebbe una “nuova tassa sulla produzione”.

Inoltre ci sarebbero dei problemi di contabilizzazione del numero di download e di quali ricavi dovrebbero essere tassati. Inolte che obblighi avrebbe una piattaforma situata extra UE di comunicare dati sui download a uno stato della UE. L’obbligo sarebbe applicabile solo dietro la minaccia di oscuramento del sito, una misura estrema che colpirebbe la libertà di espressione e di impresa.

 

 

 

 


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