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La Cina non abbassa la guardia attorno a Taiwan, nonostante gli USA siano passivi

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Secondo gli esperti della Cina continentale, la decisione della Marina statunitense di tenersi a distanza dalle esercitazioni della PLA della scorsa settimana intorno a Taiwan non indurrà Pechino ad abbassare la guardia contro il crescente dispiegamento di Washington nella regione.
La portaerei USS Nimitz e altre navi da guerra sono rimaste a diverse centinaia di miglia nautiche al largo di Taiwan orientale durante i sei giorni di esercitazioni, dimostrando che Washington non era ancora pronta a combattere con Pechino. Però gli analisti hanno avvertito che la discrezione degli Stati Uniti potrebbe essere finalizzata a guadagnare più tempo per completare il suo dispiegamento strategico globale – con Giappone, Filippine, Vietnam e altri Paesi della regione visti come partner importanti per contrastare Pechino.
Secondo un’infografica pubblicata su Twitter dal think tank con sede a Pechino “South China Sea Strategic Situation Probing Initiative”, la USS Nimitz ha girato intorno alla sua posizione, mantenendosi a distanza di sicurezza dalla portaerei Shandong della PLA, evitando qualsiasi provocazione.

Lo stallo silenzioso tra le due grandi potenze mondiali nelle acque vicine a Taiwan è avvenuto dopo che la presidente taiwanese Tsai Ing-wen ha incontrato giovedì in California il presidente della Camera degli Stati Uniti Kevin McCarthy.
Molti media continentali hanno affermato che la USS Nimitz sia stata spaventata dal cacciatorpediniere Type 055 da 12.000 tonnellate del gruppo d’attacco della portaerei di Shandong e dai suoi missili balistici ipersonici antinave, ma questo sembra di per se improbabile, mentre è più possibile che si sia trattato di un atteggiamento prudente per evitare provocazioni.

Un simile scontro silenzioso si è verificato all’inizio di agosto, dopo la visita a Taipei del predecessore di McCarthy, Nancy Pelosi, e simili affermazioni di una ritirata degli Stati Uniti sono state riportate dai media ufficiali della Cina continentale.
In quell’occasione, l’emittente di Stato CCTV affermò che la portaerei USS Ronald Reagan, che scortava il volo di Pelosi, si era ritirata dopo che la Rocket Force del PLA aveva allestito un poligono di tiro missilistico a est di Taiwan. Il portavoce della Casa Bianca John Kirby si affrettò a chiariere che la Ronald Reagan era rimasta nell’area “per monitorare la situazione”. Ha inoltre annunciato che il previsto test di un missile balistico intercontinentale Minuteman III è stato rinviato per evitare di aumentare le tensioni.

Gli esperti di difesa affermano che i gruppi d’attacco delle portaerei USS Nimitz e Shandong avrebbero ingaggiato comunque una piccola guerra tra i loro sistemi elettronici durante le esercitazioni della PLA della scorsa settimana, esattamente come accadde all’epoca della visita della Pelosi a Taiwan, dove protagonista fu però il gruppo d’attacco della Ronald Raegan.

I test missilistici senza precedenti condotti dalla PLA intorno a Taiwan in agosto hanno anche sollevato tensioni con il Giappone, quando cinque dei suoi missili sono atterrati nella zona economica esclusiva giapponese contestata però da Pechino.
Zhou Chenming, ricercatore del think tank di scienza e tecnologia militare Yuan Wang, con sede a Pechino, ha affermato che le risposte simili delle portaerei statunitensi in entrambe le occasioni sono un’indicazione della volontà politica del presidente Joe Biden. Secondo lui Washington non è pronta per uno scontro con Pechino su Taiwan, preferendo concentrarsi sulle elezioni presidenziali del prossimo anno. Con le relazioni tra Cina e Stati Uniti come “grande questione” per un secondo mandato di Biden, l’amministrazione “non permetterebbe alle forze armate statunitensi di correre alcun rischio”.
“L’amministrazione Biden potrebbe voler inviare a Pechino il segnale che Washington non intende provocare ulteriormente Pechino sul problema di Taiwan”, ha affermato.
“Biden si rende conto che le forze armate statunitensi non possiedono ancora tutte le condizioni avanzate per battere il PLA in un’eventuale guerra per Taiwan, anche se le forze americane hanno… alcuni vantaggi tattici e tecnologici”. Si tratta di un pensiero però molto pericoloso, perché dare per scontata la passività della controparte può portare a pericolose provocazioni.

Pechino considera l’isola come una provincia separata da riportare sotto il controllo della terraferma, se necessario con la forza. Molti Paesi, tra cui gli Stati Uniti, non riconoscono ufficialmente Taiwan come Stato indipendente, ma si oppongono all’uso della forza per cambiare lo status quo. Nel frattempo Washington aiuta i paesi confinanti con la Cina, come il Vietnam, per contenere l’espanzione di Pechino verso sud. Intanto gli USA hanno raggiunto un accordo con le Filippine che permetterà il dispiegamento di truppe a stelle e strisce in quattro ulteriori basi asiatiche.  Un recinto che ci chiude attorno all’espansione cinese.


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