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I dirigenti delle compagnie petrolifere USA si liberano delle azioni a rotta di collo. Come mai (spoiler, non è un buon segno)?

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Con i prezzi del petrolio oltre i 100 dollari le azioni delle compagnie petrolifere dovrebbero essere alle stelle, e infatti lo sono state fino alla scorsa settimana, sino al 21, per poi scendere. Qualcuno aveva però previsto questo fatto: i dirigenti delle società preolifere. Secondo i calcoli effettuati da Bloomberg, il solo amministratore delegato di Hess Corp. ha venduto azioni per un valore di 85 milioni di dollari nel primo trimestre in diversi accordi, mentre il capo della Marathon Oil ha venduto 34,3 milioni di dollari. Per il settore in generale, più dirigenti hanno venduto che acquistato azioni nelle loro società, secondo i dati di Verify Data, citati da Bloomberg.

“Storicamente, i dirigenti petroliferi sono davvero bravi a ottenere il massimo valore dalla vendita di azioni al momento giusto”, ha detto a Bloomberg in un’intervista Ben Silverman, capo della ricerca presso VerityData. “Il messaggio è che il ciclo di crescita dei prezzi qui non sarà lungo.”

Il fatto è che c’è incertezza sui prezzi di produzione. La Russia sta già calando il proprio output, mentre i prezzi molto elevati stanno distruggendo la domanda. Quindi i produttori statunitensi rimangono cauti riguardo ai loro piani di crescita della produzione. Il Brasile ha grandi ambizioni, ma queste richiedono tempo per concretizzarsi; il Regno Unito si sta scaldando all’idea di una maggiore produzione locale di petrolio, ma non sarà in quantità sufficiente per spostare i prezzi internazionali.

L’accordo con l’Iran rimane bloccato: l’ultimo aggiornamento riguardava il rifiuto da parte iraniana di una proposta di sgravio delle sanzioni avanzata dalla parte statunitense. I sauditi hanno risposto a malo modo al responsabile per la sicurezza nazionale USA affermando che possono scordarsi un aumento della propria produzione.

Quindi :

  • meno petrolio russo;
  • niente petrolio iraniano;
  • niente petrolio OPEC;
  • la produzione statunitense sta aumentando ma lentamente e quest’anno aggiungerà meno di 1 milione di bpd;
  • i produttori minori potrebbero aumentare l’output, ma ci sono incertezze sui tempi.

Allora, se non ci si attende un calo dei prezzi a breve del petrolio, perché i dirigenti delle società petrolifere vendono le azioni, tutti assieme?  In questo caso il  motivo potrebbe non essere il prezzo, ma i piani di rialzo dei tassi della Fed, che stanno diventando sempre più aggressivi a causa della continua pressione inflazionistica. Una politica monetaria aggressiva porta a costi di finanziamento più elevati e costi di finanziamento più elevati sono cattive notizie per qualsiasi azienda e per le sue azioni. Un segnale molto cattivo per l’economia perché conferma la stagflazione attuale.


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