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Gli imprenditori cinesi vedono un futuro grigio

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In Cina il pessimismo sul futuro economico incomincia a entrare anche negli indici ufficiali. Il PMI manifatturiero ufficiale della NBS è sceso inaspettatamente a 49,2 da 50,1 nell’ottobre 2022, mancando le previsioni del mercato di 50,0. Ricordiamo che l’indicatore sopra 50 indica espansione dell’attività economica, sotto i 50 contrazione.

Si è trattato della lettura più bassa da luglio, in presenza di severe restrizioni COVID in diverse grandi città, con un calo della produzione (49,6 contro 51,5 a settembre), dei nuovi ordini (48,1 contro 49,8) e delle vendite all’esportazione (47,6 contro 47,0). Anche l’attività di acquisto è diminuita dopo l’aumento di settembre (49,3 vs 50,2), mentre l’occupazione è calata a un ritmo più sostenuto (48,3 vs 49,0). Nel frattempo, i tempi di consegna si sono allungati maggiormente in cinque mesi (47,1 vs 48,7). Per quanto riguarda i prezzi, i costi degli input sono aumentati maggiormente da maggio (53,3 contro 51,3), mentre i costi di produzione sono diminuiti a un ritmo più contenuto (48,7 contro 47,1). Infine, il sentiment delle imprese è diminuito rispetto ai massimi di tre mesi di settembre (52,6 vs 53,4).

Quindi abbiamo un calo generalizzato delle attese su tutta la linea. Una situazione che riflette sia i problemi economici interni, legati alla crisi del settore immobiliare, sia alla politica Covid zero che ha messo in lockdown nuovamente oltre 200 milioni di cinesi. Anche se all’estero se ne parla molto poco si stratta di un cinese su sette che si trova a vivere in una situazione di estrema limitazione della libertà e spesso di forte disagio personale, con difficoltà nel procurarsi perfino il cibo. Questo viene a fermare le attività economiche, perfino quelle delle multinazionali, come si è visto per Foxconn,

 

 

 


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