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Giogetti e Meloni: le regole di bilancio UE non permettono la crescita. Bene, ora mettiamo definitivamente da parte il MES

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Tra ieri e oggi il governo italiano ha mostrato una certa solidità nel rispondere alle proposte, quasi imposizioni, tedesche riguardo le nuove regole del “Patto di stabilità” europeo che dovrebbe guidare le politiche di bilancio dei singoli stati. Le norme di Maastricht prevedono un irrealistico limite del 60% al rapporto debito PIL, non valido già nel 1993 e irrealistico ora, e un limite deficit/PIL del 3%. La Commissione ha affermato che questi vincoli dovrebbero essere rivisti con maggiore elasticità, ma accentrando in se il diritto di giudicare quali bilanci siano corretti e quali meno, accentrando un potere arbitrario che non piace a molti. La Germania vorrebbe norme ancora più restrittive, con un vincolo di deficit /PIL del 1% e stretti vincoli per ridurre il debito, e questa è la Germania condannata dallo stesso proprio tribunale per aver falsificato il proprio bilancio.

Ieri il ministro italiano dell’Economia, Giancarlo Giogetti, in audizione davanti alle commissioni bilancio di Camera e Senato, ha affermato:

«La previsione di ulteriori vincoli rispetto a quanto proposto dalla Commissione potrebbe portare a un esito non pienamente conforme agli obiettivi della riforma così come delineati a partire dalla Comunicazione della Commissione stessa: vale a dire un assetto caratterizzato da semplicità e da un maggiore equilibrio tra gli obiettivi di crescita economica, di promozione della transizione ecologica e digitale, nonché di sostenibilità del debito pubblico».  «Su deficit e debito la risposta è la serietà – ha affermato -: significa prendersi impegni che si possono mantenere. Di fronte a delle regole sfidanti noi in qualche modo possiamo anche accedere, ma rispetto a regole impossibili da mantenere io non credo per serietà si possa dire di sì».

In questo modo Giorgetti ha risposto alle richieste più assurde e estreme provenienti dalla Germania  sul tema del bilancio. Berlino è, in questo momento, isolata: da un lato la Francia deve fare importanti investimenti per rinnovare il proprio parco nucleare, dall’altro la Spagna si prepara a una decentralizzazione forzata le cui conseguenze sul bilancio sono incerte. La posizione rigida di Berlino, che alla fine serve solo al liberale ministro Lindner per giustificare la propria permanenza al governo, quindi trova pochi amici fuori da Berlino e Bruxelles, come sempre al traino dei tedeschi.

La stessa posizione è stata confermata oggi dal premier italiano Giorgia Meloni, che spiega come:

“Non possiamo approvare un patto che sappiamo di non poter rispettare” ha detto riferendosi alle proposte tedesche di riforma del Patto di stabilità “sono ore serrate di questa trattativa, è un momento molto delicato”.  “Crediamo che un’Europa seria debba tenere in considerazione nella nuove regole della governance le strategie che si è data – ha aggiunto -Abbiamo il Pnrr, la transizione energetica, digitale: non si può non tenere conto degli investimenti che l’Europa chiede. Stiamo facendo del nostro meglio per costruire una sintesi efficace ma ragionevole”.

Questa discussione viene a coinvolgere anche l’approvazione italiana della riforma del MES, il meccanismo europeo di stabilità, il fondo privato, ma finanziato dagli stati, che da un lato dovrebbe finanziare le banche in caso di loro default, dall’altro però dovrebbe anche arrogarsi di giudicare la qualità dei debiti pubblici e potrebbe imporre misure di dura austerità di proprio potere, come successo in Grecia. Un potere eccessivo per un ente che è privato, non risponde a nessuno, gode di ampia immunità giuridica, e che, comunque, chiederebbe i finanziamenti agli stati per poter intervenire. Il Parlamento italiano si è detto più volte contrario alla sua riforma in senso più duro, e presto sarà chiamato nuovamente a votare sul tema. Lega e Fratelli d’Italia si sono sempre detti contrari.


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