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Gentiloni: ovvero l’Italia non ha un commissario europeo

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L’Italia, purtroppo, non ha un commissario europeo. In teoria ci sarebbe paolo Gentiloni, ma la sua presenza è talmente ininfluente da essere, appunto, teorica.

Un commissario dimezzato

Quando sono stati nominati i commissari europei i veri poteri europei, cioè la burocrazia di Bruxelles mescolata ai poteri di Parigi e Berlino, decisero che l’Italia, anche dal punto di vista dell’esecutivo europeo, doveva essere messa sotto tutela. Quindi crearono, al fianco delle figure solite dei vicepresidenti, quella dei “Vicepresidenti esecutivi”. Come notava giustamente Cottarelli in questo video, Gentiloni venne gerarchicamente sottoposto a Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo che concentrava in se tutte le deleghe del settore economico.

Il suo compito era quello di eseguire gli ordini del vicepresidente esecutivo, risultando quindi un vero e proprio sottoposto del lettone, e tutto questo si è visto in questi anni. La figura di Gentiloni è stata quella di un alibi per la Commissione, che così ha potuto affermare che l’Italia è rappresentata adeguatamente. In realtà il terzo paese europeo non solo non ha un vicepresidente esecutivo, ma solo una specie di sottosegretario.

Un’esperienza da dimenticare

In teoria, nella ristrettezza delle sue deleghe, e sempre con la supervisione di Dombrovskis, Gentiloni avrebbe dovuto occuparsi dello spinoso problema fiscale: la UE più che problemi di fiscalità esterna, ha problemi di fiscalità interna, con dei veri e propri paradisi fiscali nella UE stessa, a partire dall’Irlanda, al Lussemburgo, ai Paesi Bassi. Paesi che garantiscono fiscalità estremamente ridotte e che sono diventate il rifugio di multinazionali, da quelle del web americane a Ikea (che è di proprietà di una fondazione con  sede nei Paesi Bassi, e praticamente non paga tasse) a quasi tutte le principali società italiane, familiari, pubbliche o quotate che sia.

Gentiloni, nel suo mandato, avrebbe dovuto migliorare almeno la trasparenza fiscale all’interno della UE. Come dice un’organizzazione sicuramente non sovranista come Oxfarm, questo obiettivo è stato completamente mancato. La direttiva sulla trasparenza fiscale che ha seguito e che avrebbe dovuto permettere di conoscere, per lo meno, dove e quanto le società multinazionali pagano le tasse, non garantisce di conoscere praticamente nulla. Le multinazionali sono state più forti di Gentiloni, e neanche hanno fatto fatica e, per fortuna, il nostro era l’esponente del partito sempre pronto a gridare contro l’evasione.

Contro l’Italia? No, semplicemente ininfluente

Molti sono i dossier che riguardano l’Italia in Europa: dalla fusione ALI Lufthansa, osteggiata da Parigi che non vuole concorrenza per AirFrance, al tema della riforma dei Patto di Stabilità, all’implementazione del CBAM, alle questioni delle relazioni commerciali con la Cina. Per far comprendere quanto sia secondario e ininfluente basta far notare che a discutere i problemi di relazioni commerciali con la Cina, tema di dogane che lo interesserebbe, andrà Dombrovskis, non Gentiloni.

Affermare che Gentiloni non faccia gli interessi dell’Italia non è forse vero: semplicemente non fa nulla. La sua inazione, nell’attuale situazione di crisi, è ovviamente dannosa, ma, per fortuna, manca meno di un anno alla scadenza del suo mandato. Speriamo la prossima volta, di avere un Commissario italiano nella Commissione….

 

 

 


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