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Fotografia Istat sulla competitività dei settori produttivi: ecco come pandemia e crisi hanno influenzato la nostra economia

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È uscito, da pochi giorni, il “Rapporto sulla competitività dei settori produttivi 2023” elaboratoda Istat e giunto alla sua undicesima edizione.Complessivamente, tanto l’analisi macro quanto quella microeconomica hanno rilevato persistenti segnali di incertezza sulle prospettive nazionali e internazionali, dovuti a una serie di eventi e circostanze ben note.

Le conseguenze del conflitto russo-ucraino sul costo delle materie prime e la crisi energetica sono fattori che sono andati a sommarsi a un quadro economico instabile, che aveva appena avviato la propria ripresa dopo l’epoca pandemica e le conseguenze a essa correlate.Gli strascichi della pandemia e i rincari sono infatti i principali fattori che, nell’ultimo biennio, hanno influito sulla tenuta competitiva delle imprese.

Il quadro che emerge sul sistema produttivo è però meno drastico di quanto ci si potrebbe aspettare in concomitanza di due crisi così consistenti e ravvicinate fra loro. Un risultato probabilmente dovuto all’ingente mole di aiuti a sostegno delle imprese erogati dal governo, che hanno contribuito a limitare danni ben peggiori, visto il crollo del PIL del 9% nel 2020.

 

Questa concatenazione di episodi di crisi ha portato il sistema produttivo a repentini cambi scenario. Le aziende si sono dovute dapprima interfacciare con un rallentamento, poi con una fase di ripresa a rilento,caratterizzata dall’incertezza, infine hanno dovuto fronteggiare un ulteriore cambio di orientamento strategico, commutando iniziative espansionistiche con comportamenti più cauti e difensivi, in un’ottica di contenimento dei costi e degli effetti negativi dell’incipiente inflazione.

Seppure Istat rimarchiche i dati statistici attualmente disponibili non sono ancora in grado di offrire analisi approfondite su come il sistema delle imprese stia reagendo al generalizzato aumento dei costi di produzione, sono già scorgibili alcuni segnali.Nonostante la gravità dell’impatto della crisi energetica, l’Istituto riporta che, alla fine del 2022, le imprese italiane non intravedevano seri rischi operativi per la propria attività, quantomeno in relazione al primo semestre del 2023. In termini percentuali, le previsioni delle imprese dell’ambito manifatturiero e dei servizi sono infatti state decisamente migliori rispetto alle interviste post pandemiche del 2019.

Anche in termini di sospensione delle attività, a differenza di quanto avvenuto nel periodo pandemico, solo una piccola percentuale di aziende è stata costretta alla sospensione a seguito dei rincari delle materie prime energetiche, compensati quasi sempre da un aumento dei prezzi di vendita.Questo non ha comunque evitato una diffusa riduzione dei margini di profitto: fra l’inizio e la fine del 2022, il margine operativo lordo (MOL) è diminuito per oltre la metà delle imprese in diciotto settori su ventitré e nel 5% dei casi è addirittura diventato negativo.

Nel terziario, la capacità di compensare gli aumenti dei costi delle materie prime attraverso l’incremento dei prezzi è, invece, più limitata e i casi di riduzione dei margini di profitto sono dunque più frequenti. In particolare, nei servizi, emerge un più frequente orientamento al risparmio e all’efficientamento energetico, che si accompagna a una maggiore forza negoziale nei rapporti di fornitura e nella rinegoziazione dei contratti, più facili in casi di appartenenza dell’impresa a gruppi multinazionali.

Mantenendo l’attenzione sul settore dei servizi alla persona, nel report emerge come gli effetti occupazionali della pandemia siano visibili anche in questo comparto, soprattutto su attività sportive e di intrattenimento, che hanno registrato il -2,6%, e lotterie, scommesse e case da gioco, che hanno invece registrato il -2,1%.

“Nonostante il settore del gioco pubblico abbia reagito tempestivamente e in modo efficace alla flessione del mercato dettato dalla pandemia, alcuni dissesti si sono verificati, soprattutto in relazione al comparto terrestre”, ha commentato Natalia Chiaravalloti di Giochidislots, portale informativo di settore. “Le prolungate chiusure dei punti di gioco terrestri hanno condotto molti piccoli imprenditori a soluzioni drastiche e alla riduzione del personale esistente e questo è sicuramente stato uno dei principali problemi del comparto, al quale tuttavia si sta cercando di ovviare, tramite politiche di rilancio anche in ottica omnichannel”, proseguel’esperta di Giochidislots.

Dai dati Istat emerge come il settore dell’intrattenimento sia uno di quelli ancora lontani dal recuperare i livelli pre-pandemici del 2019 (ancora al -7,6%). Tuttavia, all’interno di questa macrocategoria il gioco pubblico è certamente la divisione che sta reagendo più rapidamente, conferma Chiaravalloti di Giochidislots, che chiosa “Il 2022 è stato, a tutti gli effetti, l’anno del rilancio per il comparto del gioco pubblico, come confermano i diversi report redatti dall’Agenzia ADM. I dati mettono in rilievo una crescita del 30% dell’intera filiera nel 2022, con una ripresa anche della divisione retail, la più penalizzata dalla situazione globale


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