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Elizabeth Bourne, primo ministro di Macron si dimettel L’ultima vittima sull’altare del macronismo

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Elizabeth Bourne ha presentato le proprie dimissioni come primo ministro delll’ultimo governo Macron. Dopo la riforma della legge sull’immigrazione, che ha dovuto concordare con l’opposizione di centrodestra il primo ministro si è reso conto di non avere una maggioranza parlamentare e dopo due anni di combattuto governo fatto a colpi di articolo 49.3, cioè di decreti legge, ha deciso di buttare la spugna

Il potere macronista l’ha sacrificata sulll’altare dell’impopolarità del presidente, nel tentativo di soddisfare un’elettorato sempre più antimacronista. In realtà non è il primo caso di ministro sacrificato in nome del presidente. La prima vittima espiatoria dell’insoddisfazione verso il presidente eletto fu Michel Debré, licenziato dal generale de Gaulle il 14 aprile 1962 perché in disaccordo con l’indipendenza dell’Algeria e gli accordi di Evian. Si trattò di un sacrificio liberamente compiuto perché basato su una differenza politica fondamentale, che rese inevitabile il divorzio della coppia di dirigenti. In seguito, tuttavia, i cambi di Primo Ministro sono stati effettuati raramente per motivi sostanziali. La comunicazione presidenziale ha preso l’abitudine di presentare il rimpasto come un’opportunità per dare nuova vita al settennato e poi al quinquennato, con un nuovo slancio programmatico e ideologico. In realtà questo sacrificio ha a che fare con il tentativo di rivitalizzare una politica pseudo liberale, centrista e sempre più impopolare. La Bourne aveva imposto l’impopolare riforma delle pensioni a suon di decreti, e ora deve dimettersi per cercare di salvare il suo capo.

Si fa il nome del ministro dell’istruzione Attal come suo successore. O questo nuovo primo ministro capirà che deve scegliere se governare con la sinistra o con la destra, alleandosi chiaramente con Melencho, o con la Le Pen-Bardella, oppure anche lui sarà sacrificato sull’altare dell’impopolare Macron. Il problema è proprio questo: gli interessi e le politiche di Macron, che non sono quelli del popolo francese.

 


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