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Dalla fotosintesi all’energia: nuovi studi promettono materie prime e nuove batterie

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I ricercatori dell’Università Tecnica di Monaco  utilizzano la fotosintesi artificiale che potrebbe produrre syngas (gas sintetico con carbonio e idrogeno)  su larga scala per l’industria chimica  e per la produzione energetica, per ricaricare le batterie.

Le piante utilizzano la fotosintesi per raccogliere energia dalla luce solare. Ora i ricercatori hanno applicato questo principio come fotosintesi artificiale come base per lo sviluppo di nuovi processi sostenibili. Il documento che descrive la ricerca è stato pubblicato sulla rivista Advanced Materials.

Il syngas, una miscela di monossido di carbonio e idrogeno, è un importante prodotto intermedio nella produzione di molti materiali chimici di partenza come l’ammoniaca, il metanolo e i carburanti sintetici a base di idrocarburi. “Attualmente il syngas viene prodotto quasi esclusivamente con materie prime fossili”, spiega il Prof. Roland Fischer della Cattedra di Chimica Inorganica e Organo-metallica.

Una polvere gialla, enzima nanometrico speciale, sviluppata da un gruppo di ricerca guidato da Fischer, è destinata a cambiare tutto questo. Gli scienziati si sono ispirati alla fotosintesi, il processo che le piante utilizzano per produrre energia chimica dalla luce. “La natura ha bisogno di anidride carbonica e acqua per la fotosintesi”, ha spiegato Fischer. Il nanomateriale sviluppato dai ricercatori imita le proprietà degli enzimi coinvolti nella fotosintesi. Il “nanozima” produce syngas utilizzando in modo simile anidride carbonica, acqua e luce.

Valori record per l’efficienza del processo

Il dottor Philip Stanley, che ha affrontato l’argomento nell’ambito della sua tesi di dottorato, ha spiegato più approfonditamente: “Una molecola assume il compito di antenna energetica, analogamente alla molecola di clorofilla nelle piante. La luce viene ricevuta e gli elettroni vengono passati a un centro di reazione, il catalizzatore“.

L’aspetto innovativo del sistema dei ricercatori è che ora ci sono due centri di reazione collegati all’antenna. Uno di questi centri converte l’anidride carbonica in monossido di carbonio, mentre l’altro trasforma l’acqua in idrogeno. La principale sfida progettuale consisteva nel disporre l’antenna, il meccanismo di trasmissione degli elettroni e i due catalizzatori in modo tale da ottenere il massimo rendimento possibile dalla luce.
Il team ha raggiunto questo obiettivo. “Con il 36%, il nostro rendimento energetico dalla luce è spettacolarmente alto“, ha detto Stanley. “Riusciamo a convertire un terzo dei fotoni in energia chimica. I sistemi precedenti spesso raggiungevano al massimo un decimo di fotoni”. Questo risultato fa sperare che la realizzazione tecnica possa rendere più sostenibili i processi chimici industriali“.

In un progetto separato, i ricercatori stanno lavorando su un altro materiale che utilizza l’energia luminosa del sole, ma in questo caso la immagazzina come energia elettrica. “Una possibile applicazione futura potrebbe essere quella di batterie che si ricaricano con la luce del sole, senza dover passare per la presa di corrente“, ha affermato Fischer.

Per sviluppare questi fotoaccumulatori, i ricercatori hanno utilizzato componenti simili a quelli del nanozima. Anche in questo caso il materiale stesso assorbe i fotoni della luce incidente. Ma invece di fungere da catalizzatore per una reazione chimica, il ricevitore di energia è così strettamente integrato nella struttura da rimanere in questo stato, rendendo possibile l’immagazzinamento degli elettroni per un periodo di tempo più lungo. I ricercatori hanno dimostrato la fattibilità del sistema in laboratorio.

Julien Warnan, responsabile del gruppo di fotocatalisi, ha riassunto: “Ci sono due modi per utilizzare direttamente l’energia solare. O raccogliamo energia elettrica da essa o usiamo l’energia per stimolare reazioni chimiche. E questi due sistemi, entrambi basati sullo stesso principio, dimostrano che ci siamo riusciti sperimentalmente“.ù

Ora, dopo i risultati di laboratorio, inizia un lungo processo per tentare di rendere pratici gli esperimenti. La prototipazione e l’industrializzazione possono richiedere anni, ma almeno c’è una strada.

 


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