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CON CENTINAIA DI PETROLIERE FERME IN MARE COVID E ARABIA SCONFIGGONO LO SHALE OIL

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Finalmente l’Arabia ci è riuscita: dopo averci provato nel 2014 ed aver dovuto gettare la spugna l’Arabia è ripartita all’assalto del petrolio americano, con la scusa di voler ridurre la quota di mercato della Russia. L’atteggiamento aggressivo sui volumi di produzione questa volta si è unito con la crisi di domanda, raramente vista in passato, legata  alle chiusure per il COVID. Praticamente si è generato uno shock petrolifero al contrario di grandi dimensioni, forse  di dimensioni mai viste prima.

Le stime sul calo nella produzione del petrolio variano dal -20% della EIA al 40% del broker Trafigura , che essendo un broker ha le idee chiare. Con questo calo della domanda ed una produzione spinta al massimo un po’ ovunque ci si sta avviando ad un esaurimento degli spazi di stoccaggio dell’oro nero: infatti tutti contano su una ripresa dei consumi, e questa sicuramente verrà, e tutti quindi immagazzinano petrolio per il futuro, ma senza domanda i depositi si stanno esaurendo ed entro tre settimane saranno completamente pieni, sia che si tratti si materia prima interra, mare

.. ed anche prodotti finiti. La situazione è tale che, a poco a poco, anche le raffinerie chiudono linee produttive o per intero.

La situazione per mare è questa. Ci sono 120 petroliere ferme, cariche di greggio, di fronte a Singapore. Sono oltre 120

Questo surplus sul mercato , unito a depositi prossimi alla saturazione, sta portando alcrollo dei prezzi nelle zone interne, soprattutto di paesi come gli USA, o anche il Ciad, in Africa. Negli USA si assiste ad una chiusura progressiva dei pozzi, il cui conto sta giungendo al minimo.

Siamo praticamente ai minimi del 2014. Il settore ha resistito sino al massimo, ma c’è un punto in cui non resta che chiudere, magari anche solo temporaneamente. Per la riapertura dipenderà da quanto tempo impiegherà l’economia a riprendersi. Ammesso che ci riesca.


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