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Euro crisis

CIO’ CHE IL SERVO DEVE (la visione UE dell’Homo Mercator Mercator)

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Oggi ospitiamo la nostra cara lettrice ed amica Patrizia Rametta, talento della Scuola Siciliana, corrente lanciata da Federico di Svevia che, dopo una fase toscana detta Scuola Neosiciliana, oggi rivive in veste narrativa; essa, si discosta dalla Scuola Siciliana pura sia per l’abbandono della forma in Sonetti, sia in quanto in luogo di parlare della sottomissione totale dell’uomo alla donna, narra la totale sottomissione e l’abbruttimento generalizzato che i mercati vorrebbero per l’Homo Sapiens Sapiens. Nel pezzo si identifica forse la nuova figura evoluzionistica umana, l’HOMO MERCATOR MERCATOR: nulla ha significato dell’uomo se non la sua capacità di spesa, egli ha valore esclusivamente in funzione del suo conto in banca!

Già!

La Banca!

Maurizio Gustinicchi

Socio Sostenitore Lega Nord – Riscossa Italiana

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Certo. Dobbiamo mangiare sempre più in fretta, così il sapore immondo e drogato dei loro cibi di gomma ci sembrerà buono.

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Dobbiamo avere sempre meno immaginazione, così passare la domenica dentro un supermercato ci sembrerà meraviglioso.

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Dobbiamo essere sempre meno socievoli, così la televisione ci sembrerà la migliore delle compagnie. Dobbiamo leggere sempre di meno, così da perdere la capacità di riflettere, medit…are e concentrarci. Dobbiamo essere sempre meno istruiti, così da avere sempre meno capacità di vedere possibili alternative, e accettare di nascere in sfortunate caste senza lamentarci. Dobbiamo essere cercatori di favori, in modo da prostituirci a nostra volta quando ce lo chiederanno. Dobbiamo evitare di studiare la storia, perché potremmo notare evidenti similitudini e copiare pericolose prese di coscienza. Non dobbiamo coltivare la terra, così da non capire che quei semi sono infetti e non si rigenerano.

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Non dobbiamo immaginare nulla, perché se no immagineremmo un futuro migliore, e a loro non piace. A loro piace che si pensi solo al presente, come i cani, che non hanno il senso dello scorrere del tempo. O meglio, a loro conviene la nostra disperazione ignorante senza intraprendenza. Dobbiamo dimenticarci che esiste l’arte, il gesto, la scintilla non addomesticabile. Quindi via gli artisti, a sassate, tutt’al più l’artista lo possono fare i figli cadetti dell’aristocrazia, i più buoni a nulla, s’inventa loro un hobby che faccia colore. Dobbiamo giocare d’azzardo o a giochi violenti: la gente litigiosa è un potenziale consumatore d’armi. Dobbiamo scopare, l’amore dà luogo a imprevedibili risvegli emotivi, il sesso invece addormenta lo schiavo e lo calma. Dobbiamo essere viziosi, lo schiavo abbrutito dalle droghe è meno vigile e non tenterà mai di fuggire. Dobbiamo invidiare tutti gli oggetti di cui loro riempiono la loro esistenza, e credere che una vita sia piena solo se piena di oggetti. Dobbiamo imitare il padrone disprezzando quelli che appena hanno un po’ meno di noi, giudicarli e dar loro la colpa del loro destino, sentendoci importanti e più intelligenti di loro perché possiamo consumare più cibo e televisione scadente. Proprio come fa il padrone con noi. Dobbiamo docilmente abbeverarci alla loro propaganda, senza domande. E, infine, dobbiamo dimenticarci che una volta eravamo uomini, e avevamo dubbi, e facemmo nascere la filosofia, perché ciò porta con sé la dignità di cui solo il padrone vuole avere l’esclusiva; noi dobbiamo essere schiavi consumatori, pronti a sgozzare il vicino, per due briciole cadute dalla padronale tavola. Dobbiamo ringraziare se ci dà i suoi vestiti smessi, le sue scarpe vecchie.

Dobbiamo dimenticarci della matematica, che se sapessimo contare capiremmo che siamo tanti, tanti, tanti di più di loro.

 

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