Economia
La Cina mette in pausa le restrizioni all’export di Terre rare negli USA
In un passo significativo verso l’allentamento delle tensioni commerciali, la Cina ha revocato le restrizioni all’esportazione di terre rare e tecnologie militari per 28 entità statunitensi, seguendo un accordo di tregua commerciale di 90 giorni. Un’apertura notevole verso gli USA. SIamo verso una nuova svolta nelle relazioni commerciali?

In un passo significativo verso l’allentamento delle tensioni commerciali, mercoledì la Cina ha sospeso le restrizioni all’esportazione di terre rare e tecnologie per uso militare per 28 entità statunitensi, precedentemente colpite da un blocco all’export.
La mossa arriva solo due giorni dopo che Washington e Pechino hanno raggiunto un accordo rivoluzionario per abbassare temporaneamente i dazi, segnando la prima importante distensione in una guerra commerciale che aveva minacciato di sconvolgere le catene di approvvigionamento globali e la stabilità economica.
L’accordo, raggiunto durante i negoziati ad alto livello a Ginevra il 12 maggio, prevede una pausa di 90 giorni e una riduzione generalizzata di 115 punti percentuali dei dazi reciproci.
La decisione è stata accolta come un reset delle relazioni bilaterali tra le due maggiori economie mondiali dopo mesi di escalation reciproca.
Reset dopo le ritorsioni
La sospensione delle restrizioni alle esportazioni di terre rare è entrata in vigore mercoledì e durerà 90 giorni, ha dichiarato il Ministero del Commercio cinese in un comunicato.
Durante questo periodo, gli esportatori di terre rare e altri beni a duplice uso con potenziale militare potranno richiedere licenze per riprendere le spedizioni, secondo il ministero.
La guerra commerciale era entrata in una fase particolarmente instabile il mese scorso, con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump che aveva imposto dazi fino al 145% su un’ampia gamma di importazioni cinesi.
Pechino ha risposto con misure di ritorsione e l’impegno a “combattere i dazi fino alla fine”, uno stallo che ha mandato in tilt i mercati azionari e alimentato i timori di una recessione globale.
Per ritorsione, il 4 aprile la Cina ha bloccato le esportazioni di sette tipi di terre rare verso 16 entità statunitensi e, solo cinque giorni dopo, ha esteso le restrizioni ad altre 12 aziende.
Tra queste figuravano materiali critici come samario, gadolinio, terbio, disprosio, lutezio, scandio e ittrio, componenti essenziali nella produzione di semiconduttori, veicoli elettrici, sistemi missilistici e tecnologie aerospaziali.
In un annuncio separato pubblicato mercoledì, il Ministero del Commercio cinese ha anche dichiarato che avrebbe temporaneamente revocato il divieto di commercio e investimento nei confronti di 17 aziende statunitensi, segnalando un’ulteriore disponibilità ad allentare le tensioni.
Corsa alle risorse
La Cina domina attualmente l’offerta globale di terre rare, con circa il 90% della produzione. Per alcune terre rare pesanti come il disprosio e il terbio, la sua quota di mercato era pari al 99% fino a poco tempo fa.
Questi elementi sono fondamentali per la produzione di tecnologie per l’energia pulita, attrezzature per la difesa e altre industrie high-tech.
Gli Stati Uniti rimangono particolarmente esposti alle interruzioni di queste catene di approvvigionamento. Secondo l’U.S. Geological Survey, nel 2024 la Cina ha fornito la metà delle importazioni di minerali critici degli Stati Uniti, comprese le terre rare e altri materiali strategici come l’ittrio, l’antimonio, il bismuto e l’arsenico.
Ridurre questa dipendenza è diventata una priorità strategica per Washington. Il giorno dell’insediamento, a gennaio, il presidente Trump ha dichiarato lo stato di emergenza energetica nazionale, citando gli alti prezzi dell’energia e la vulnerabilità delle forniture estere come minacce alla sicurezza nazionale.
La Cina aveva appena concesso le prime licenze per l’esportazione a operatorri europei e vietnamiti di terre rare, in una prima mossa che però escludeva gli USA.
A marzo, ha invocato il Defense Production Act per potenziare l’estrazione nazionale di minerali critici, sbloccando il sostegno federale attraverso prestiti, incentivi fiscali e partnership di investimento.
L’amministrazione sta anche guardando oltre i confini degli Stati Uniti, puntando ai giacimenti di terre rare in Groenlandia e Ucraina e portando avanti piani per l’estrazione mineraria in acque profonde nelle acque internazionali per garantire le forniture future.
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