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Bocciata dalla Corte UE la normativa italiana che vuole solo sacchetti di plastica biodegradabili

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La normativa italiana che vieta la commercializzazione di sacchi monouso, fabbricati con materiali non biodegradabili e non compostabili, ma rispettosi delle altre prescrizioni stabilite nella direttiva europea Ce n. 94/62 è contraria al diritto dell’Unione europea»: lo ha sentenziato ieri la Corte di giustizia europea, in merito alla causa C-86/22.  Il tutto è ben documentato da ItaliaOggi.

Il problema è molto semplice: la direttiva europea non escludeva completamente i sacchetti in materiale plastico monouso in materiale leggero. Tali misure possono comprendere il ricorso a obiettivi di riduzione a livello nazionale, il mantenimento o l’introduzione di strumenti economici nonché restrizioni alla commercializzazione in deroga all’articolo 18, purché dette restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie. E pare che questo non sia accadut

Che cosa è successo

Papier Mettler srl è un’azienda attiva nella distribuzione di imballaggi in carta e plastica. Ha concentrato la sua attività nello sviluppo e nella produzione degli stessi in polietilene; in particolare di sacchetti in plastica per la spesa, con caratteristiche avanzate, ma in italia non pul venderle perché non in bioplastica.

I ministeri dell’ambiente e dello sviluppo economico hanno adottato Il 18 marzo 2013 il decreto n. 73, con cui vietano la fabbricazione e la commercializzazione di borse di plastica destinate al ritiro delle merci che non rispondano a date caratteristiche tecniche. Papier Mettler ha adito il Tar Lazio per l’annullamento del provvedimento. Il Tar si è rivolto alla Corte di Giustizia per sapere se un simile divieto, previsto da una norma nazionale possa contenere norme tecniche più restrittive di quelle previste dal diritto Ue (direttiva 94/62). I dicasteri interessati hanno spiegato che è stato necessario promuovere l’uso di borse di plastica biodegradabili e compostabili, nonché riutilizzabili, per contrastare l’abitudine dei consumatori italiani ad utilizzare sacchetti di plastica usa e getta per la raccolta dei rifiuti organici.

La Corte di giustizia, con la sentenza di ieri, oltre ad affermare che il diritto dell’Unione «si oppone a una norma nazionale che vieti la commercializzazione di sacchi monouso fabbricati con materiali non biodegradabili e non compostabili», ma in regola con la direttiva Ue n. 94/62, ha aggiunto che una regolamentazione più restrittiva: «Può essere giustificata dall’obiettivo di garantire un livello più elevato di protezione dell’ambiente, a condizione che sia basata su nuove prove scientifiche relative alla protezione dell’ambiente emerse dopo l’adozione della normativa Ue». E anche «a condizione che lo stato membro proponente comunichi alla commissione europea le misure» che intende assumere a riguardo.

Quindi tornano i sacchetti in materiale non compostabile, quindi non biodegradabile, purché in linea con le norme europee, tranne che l’Italia non dimostri oggettivamente che c’è un’utilità dalla propria norma più restrittiva. Non basta l’apparenza, non basta neanche l’apparente logica, bisogna dimostrarlo numeri alla mano, e questo non sarà per niente facile. 


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