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Economia

Anche Reuters nota il rapporto squilibrato fra Stellantis e Stato italiano

Le case automobilistiche europee sono diventate attori globali pronti a sfruttare la sovraccapacità degli stabilimenti automobilistici dell’UE per ottenere migliori accordi governativi, cioè, banalmente, soldi e favori.

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Marchi Stellantis
Marchi Stellantis

Perfino i media internazionali si stanno rendendo conto di come i rapporti fra Stellantis, Ex FCA ex Fiat, sia ormai basato su banali ricatti, esplicitando quello che molti italiani pensano sia successo negli ultimi 40 anni fra gruppi automobilistici e stato italiano. Il tutto riassumibile in una frase: “Caccia i soldi o me ne vado”.

Come riporta perfino Reuters la recente guerra di parole tra il primo ministro italiano Giorgia Meloni e l’amministratore delegato di Stellantis Carlos Tavares ha messo in luce una nuova e dura realtà: Le case automobilistiche europee, un tempo legate alle nazioni, sono diventate attori globali pronti a sfruttare la sovraccapacità degli stabilimenti automobilistici dell’UE per ottenere migliori accordi governativi, cioè, banalmente, soldi e favori.

Stellantis, nata dall’unione del produttore francese Peugeot PSA, dell’italiana Fiat e della Chrysler di Detroit, rappresenta praticamente la totalità della produzione automobilistica italiana. La produzione di Fiat è in calo a causa della stagnazione delle vendite in Europa e Stellantis ha spostato la produzione in altri paesi della sua vasta rete globale, nonostante lo stato italiano abbia versato 220 miliardi di Euro in 40 anni alla Fiat, ora parte di Stellantis. La gratitutdine non fa parte del DNA delle multinazionali.

Il tasso di utilizzo della capacità produttiva di Stellantis nelle sue fabbriche europee si è attestato al 56% lo scorso anno, in calo rispetto al 64% del 2019 e ben al di sotto del 71% di Volkswagen, secondo i dati GlobalData forniti a Reuters. Le case automobilistiche puntano a un utilizzo della capacità produttiva di almeno l’80%.

Stellantis sta sfruttando la sua capacità produttiva in eccesso per ottenere sussidi e sostegno politico da Roma e dai governi di altri paesi. Negli Stati Uniti, funzionari statali e federali hanno offerto sussidi per convincere Tavares a non chiudere uno stabilimento Jeep in Illinois, che ora sarà utilizzato per costruire un nuovo pick-up di medie dimensioni che colma una lacuna nella gamma di modelli dell’azienda statunitense.

Justin Cox, direttore della produzione globale di GlobalData, ha dichiarato a Reuters che la terza casa automobilistica al mondo ha finora destinato la maggior parte della produzione europea di veicoli elettrici alla Francia. Le attività nordamericane dell’azienda nel settore dei camion e dei SUV Jeep generano la maggior parte dei profitti del gruppo. Stellantis comunicherà i risultati finanziari del 2023 giovedì.
“Si può capire perché gli italiani sono arrabbiati … L’Italia ha molto da perdere”, ha detto Cox. “Tutta la loro produzione di volume è legata a Stellantis”.

Sulla carta, la Francia e l’Italia sembrano essere in perfetta parità all’interno del sistema di produzione di Stellantis. Nel 2023 Stellantis ha costruito 735.000 veicoli in Francia e 750.000 in Italia.
Ma Stellantis è l’unica grande casa automobilistica italiana, mentre la Francia può contare anche su Renault ed è sostenuta da un maggior numero di futuri modelli EV. Secondo AlixPartners, l’anno scorso la produzione automobilistica italiana è stata di circa 800.000 veicoli, contro 1,5 milioni di unità in Francia. I funzionari italiani hanno chiesto a Tavares di riportare la produzione Fiat a 1 milione di veicoli all’anno. Meloni ha criticato le decisioni di Stellantis in termini nazionalistici.
Meloni ha detto in Parlamento che la “presunta” fusione che ha creato Stellantis “in realtà maschera un’acquisizione francese”. E ha aggiunto: “Non è u n caso che le scelte industriali del gruppo tengano in maggiore considerazione gli interessi della Francia rispetto a quelli italiani”.

Tavares – che ha reso Stellantis una delle aziende più redditizie del settore – ha replicato che la casa automobilistica “non ha paura del traguardo di 1 milione…”. Ma non dimentichiamo che dipende sempre (dalle) dimensioni del mercato”.

Tavares e il presidente di Stellantis John Elkann, rampollo della famiglia italiana degli Agnelli, hanno avviato colloqui con il governo Meloni. L’azienda ha dichiarato che Roma deve fare la sua parte per sostenere l’aumento della produzione: offrire incentivi ai consumatori per l’acquisto di veicoli elettrici, abbassare i costi dell’energia e incoraggiare lo sviluppo della rete di ricarica dei veicoli elettrici.

All’inizio di questo mese, l’Italia ha lanciato un nuovo incentivo per l’acquisto di automobili, del valore di 950 milioni di euro (1 miliardo di dollari) per quest’anno. Peccato che gli italiani non abbiano soldi per comprare auto nuove e che, comunque, abbiano una fiducia minima nelle auto elettriche: nel 2023 le auto EV hanno costituito solo il 4,2% delle vendite, nonostante gli incentivi, e la rete elettrica, pari a quella francese, c’entra poco. 

La Francia è uno dei principali investitori di Stellantis con una partecipazione del 6,1% attraverso la banca d’investimento statale Bpifrance e ha un rappresentante nel consiglio di amministrazione.
L’Italia non è presente nel gruppo, ma il Ministro dell’Industria Adolfo Urso ha dichiarato che Roma è aperta ad acquistare una quota.

“L’allocazione dei prodotti non dipende dalla governance”, ha dichiarato Francesco Zirpoli, professore di management presso l’Università di Venezia, che osserva come Stellantis, e prima di lei PSA, abbiano sempre prodotto molte auto in Spagna. Urso ha anche proposto di dare incentivi solo alle auto prodotte in Italia, anche se questo sarebbe operativamente non semplice: e la componentistica? Una norma simile sarebbe compatibile con le normative UE?

Qui si rivela il clamoroso errore , voluto dai privatizzatori dell’epoca, di vendere Alfa Romeo a Fiat, invece di mantenerla pubblica o cederla, magari parzialmente, in partecipazione, a altri gruppi internazionali. All’epoca si era fatta avanti Ford, ma si preferì il gruppo che, allora, era degli Agnelli. Un errore clamoroso, come lo sarebbe comprare quote di Stellantis. La via sarebbe quella di aiutare start-up italiane, anche con una legislazione che favorisca lo sviluppo di piccole produzioni automobilistiche, invece che di grandi gruppi che, alla fine, si rivelano solo dei grandi ricattatori internazionali.


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