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Alluminio alle stelle: le prime conseguenze delle sanzioni ai metalli russi

venerdi UK e USA hanno deciso nuove sanzioni alla Russia, escludendo il suo rame, alluminio e nickel dai mercati regolati. Gli effetti si stanno vedendo

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Ieri abbiamo scritto che le ultime sanzioni applicate da USA e Regno Unito vengono a escludere rame, alluminio e nickel russo dai mercati internazionali dei metalli, il LME di Londra e il CME di Chicago.

Avevamo parlato delle possibili conseguenze sul prezzo di queste materie prime, e le conseguenze avrebbero potuto essere due:

  • una minore efficienza dei mercati, per la maggior difficoltà degli operatori, sooprattutto britannici e americani, di operarvi, perché una fetta della produzione sarebbe stata tagliata fuori;
  • la possibilità che il metallo prodotti in Russia dovesse pagare un premio, come avviene per il petrolio.

Però c’è un problema non da poco, soprattutto per il LME: l’alluminio russo non è un player inognarbile sul mercato. In generale la Russia conta per il 6% della produzione globale, ma, nello specifico dei mercati regolati, rappresenta il 91% del metallo depositato al LME.

Aver dato un calcio al mercato dei metalli non può che avere delle conseguenzze, e vediamo quello che sta succedendo il primo giorno, iniziando dall‘alluminio:

L’alluminio, che era già in una direzione di crescita, ha visto una rapida accelerrazione dei prezzi.

Vediamo cosa fa il rame

Il rame era già a un livello elevato e a questi livelli si sta mantenendo.

Il nickel, di cui il maggior produttore è l’Indonesia e la Rusia è solo il terzo al mondo, ha un utilizzo meno ampio, legato soprattutto all’acciaio inossidabile, ha un andamento più incerto e variabile

Comunque una certa influenza sui prezzi vi è stata: del resto l’offerta è più sottile ora e molti rader hanno una maggiore difficoltà ad accedere alle forniture di materie prime.

Una spinta inflattiva autolesionista

Ricordiamo che alla Russia NON è vietato vendere il proprio metallo e che ci sono molti paesi, Cina e India in testa, ben disposti ad accoglierlo. Non è vietato neanche venderlo in Occidente, ma è vietato sicuramente a operatori professionali americani o britannici accedervi e non può entrare nei magazzini dei mercati regolati.

Se l’offerta è più sottile da un lato i prezzi di questi mercati cresceranno, dall’altra sarà più complicato riuscire a concludere i contratti a termine, i future, che dann garanzia sui prezzi a chi questi metalli li utilizza.

Il risultato probabile delle sanzioni sarà un aumento dei prezzi di queste materie prime e quindi una spinta inflazionistica imporrtata per i paesi occidentali.  Se l’Europa e la Cina hanno un’inflazione contenuta, il rischio serio è di riaccendere l’inflazione sui beni anche negli USA, e questo poco prima delle elezioni.

Alla fine le sanzioni rischiano di essere un autogoal per la presidenza Biden, perché vanno a riaccendere un tema che sta scaldando la discussione elettorale negli USA, dove gli elettori accusano il presidente di aver casuato un’inflazione forte e persistente.


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