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La sussidiarietà avrebbe dovuto offrire l’unico importante appiglio di sovranità nazionale agli Stati membri consentendo loro di esercitare ancora la sovranità legislativa in quei settori in cui sia più “efficiente” realizzarla a livello nazionale, ma in realtà non è così. E vi spiego perché.

La sussidiarietà può essere applicata in tutti quei settori non di “competenza esclusiva” dell’UE. I settori di competenza esclusiva dell’UE sono, ex art 3 Trattati TFUE:

  1.  l’Unione doganale
  2.  la Concorrenza (definizione delle regole necessarie al funzionamento del mercato interno)
  3.  Politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro;
  4. Conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca;
  5. Politica commerciale comune.

Sempre ai sensi dello stesso articolo, l’UE ha competenza esclusiva nella firma di trattati internazionali nell’ambito delle sue competenze.

TrattatiTFUEart3,

Ciò significa che per tutti i settori non di competenza esclusiva dell’UE (di cui sopra), i parlamenti nazionali possono esercitare in teoria il diritto di sussidiarietà. Come?

Ai sensi del Protocollo n2 dei Trattati consolidati di funzionamento dell’Unione europea (TFUE), art. 6, i parlamenti nazionali hanno otto settimane di tempo dalla data di trasmissione di un progetto di atto legislativo “nelle lingue ufficiali dell’Unione” per inviare un parere motivato ai presidenti di Consiglio, Commissione e Parlamento europeo in cui si spiega perché non si ritiene che il progetto sia conforme alla sussidiarietà. E’ mai stato applicato in Italia? Non mi risulta.

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Se il Parlamento ottiene un terzo dei voti a favore del parere motivato all’UE per infrazione della sussidiarietà – previa la consultazione di eventuali parlamenti locali ove sia previsto – gli organi interessati da tale progetto legislativo hanno il dovere di riesaminare il progetto ma, e qua arriva la chicca, comma 2 dello stesso articolo, al termine del riesame:

la Commissione o, se del caso, il gruppo di Stati membri, il Parlamento europeo, la Corte di giustizia, la Banca centrale europea o la Banca europea per gli investimenti, se il progetto di atto legislativo è stato presentato da essi, può decidere di mantenere il progetto, di modificarlo o di ritirarlo. Tale decisione deve essere motivata.

I commi 3a e 3b completano il cappio alla sovranità e alla democrazia degli Stati nazione: per ritirare il progetto di legge contestato ci vuole la maggioranza del parlamento europeo o il 55% dei voti del Consiglio che è costituito dai ministri competenti.

Quindi per concludere, i parlamenti nazionali possono esercitare la sussidiarietà solo per finta visto che i loro pareri motivati non sono vincolanti e che solo una votazione a maggioranza del Consiglio o del Parlamento europeo può ritirare una legge che non rispetti la sussidiarietà in una materia non di competenza esclusiva dell’Unione.

Ma c’è di più: per le materie di “competenza concorrente” con gli Stati membri, questi ultimi possono legiferare in modo vincolante solo nella misura in cui l’UE non abbia esercitato la sua competenza o l’abbia cessata. Ciò significa che si può dire tutto, tranne che gli Stati membri hanno una competenza concorrente, visto che è subordinata all’esercizio di tale competenza da parte dell’UE: quindi il linguista oops scusate il giurista avrebbe dovuto chiamarla “subordinata” perché questo è.

E quali sono queste competenze cosiddette “concorrenti” ma in realtà subordinate degli Stati membri? Ce lo dice l’articolo 6 del TFUE. Niente meno che quelle dei seguenti settori:

a) mercato interno; b) politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel trattato; c) coesione economica, sociale e territoriale; d) agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle risorse biologiche del mare; e) ambiente; f) protezione dei consumatori; g) trasporti; h) reti transeuropee; i) energia;  j) spazio di libertà, sicurezza e giustizia; k) problemi comuni di sicurezza in materia di sanità pubblica, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel presente trattato.

La cessione di sovranità è quindi ancora più mostruosa di quanto non potessimo immaginare mentre il paese dormiva, cullato da media soporiferi e intellettuali del tutto peri-patetiche che tuttora continuano a non guardare in faccia a nessuno quando si tratta di briciole di esibizionismo personale o di qualche mollica di pane in più nella ciotola. Una lotta intestina tra i cosiddetti “intellettuali” della dissidenza sta infestando l’ambiente impedendo in tutti i modi la formazione di un vero movimento coeso e organico che possa, con la consapevolezza, la volontà e la strategia, esercitare la vera sovranità, a tutti i livelli, che sia personale, nazionale o europeo.

Sebbene i pareri motivati non siano vincolanti, ritengo che i parlamenti nazionali debbano cominciare a intasare gli organi dell’UE di pareri motivati sull’infrazione del principio di sussidiarietà.

Da un attento esame dei Trattati, in realtà, si potranno cogliere tutti gli strumenti da ostentare per far valere la Carta dei diritti fondamentali, vincolante dal 2009 a tutti gli effetti e quanto i Trattati stessi, nonché tutte le loro contraddizioni con la Carta, oltre che le incoerenze interne e i principi degli stessi disattesi negli atti legislativi dell’UE, tali da poterne richiedere la nullità o il riesame; motivarne la protesta politica e disporre di uno strumento negoziale importante al momento di volere strappare importanti deroghe nazionali a livello europeo.

Nicoletta Forcheri 4/4/2016