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USA: i pozzi offshore non chiusi, bombe ecologiche pronte ad esplodere

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Uno studio pubblicato lunedì su Nature Energy ha rivelato che la zona petrolifera degli Stati Uniti ospita decine di migliaia di pozzi petroliferi e di gas offshore inattivi che non vengono chiusi, con il rischio di possibili perdite di idrocarburi nell’oceano.

Lo studio stima che, mentre la chiusura e l’abbandono di questi pozzi potrebbe ridurre al minimo il rischio ambientale, l’operazione costerebbe all’industria ben 30 miliardi di dollari. Nelle acque costiere del Golfo del Messico, in Louisiana, Texas e Alabama, ci sono più pozzi inattivi e non produttivi che non sono stati tappati e abbandonati che pozzi attualmente attivi in questa regione.
Ciò significa anche che le compagnie che operano nella regione rischiano di scontrarsi con le autorità di regolamentazione prima del tempo.

La scorsa settimana, l’autorità di regolamentazione dei gasdotti degli Stati Uniti ha presentato nuove regole volte a ridurre le perdite di metano dalla vasta rete di 2,7 milioni di chilometri di gasdotti naturali del Paese.

La proposta presentata venerdì dalla Pipeline and Hazardous Materials Safety Administration del Dipartimento dei Trasporti potrebbe “migliorare significativamente l’individuazione e la riparazione delle perdite dai gasdotti… impiegare i lavoratori dei gasdotti in tutto il Paese per mantenere più prodotto nelle tubature e prevenire pericolosi incidenti”. L’agenzia stima che le nuove regole potrebbero potenzialmente eliminare 1 milione di tonnellate metriche di emissioni di metano entro il 2030, l’equivalente delle emissioni di 5,6 milioni di automobili.

Le infrastrutture petrolifere e del gas che presentano delle perdite hanno giocato un ruolo esagerato nel cambiamento climatico, emettendo nell’atmosfera quantità molto più elevate di un gas serra ancora più potente di quanto si pensasse in precedenza.
Tre anni fa, la Reuters ha riferito che i satelliti dell’Agenzia Spaziale Europea avevano rilevato enormi pennacchi di metano fuoriusciti dal gasdotto Yamal, lungo 2.607 miglia, che trasporta gas naturale dalla Siberia all’Europa.

Le massicce perdite di metano potrebbero mettere in crisi il ponte del gas naturale, che presuppone che il gas naturale sia un combustibile fossile più pulito e quindi favorito rispetto al carbone nel mix energetico globale. Sebbene il metano non abbia la stessa fama negativa dell’anidride carbonica, in realtà è un gas serra molto più potente: più di 80 volte più potente del CO2 nel riscaldare la Terra nell’arco di 20 anni e 28 volte più potente su una scala temporale di 100 anni.


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