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Tar: prime piccole crepe nell’obbligo vaccinale

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Si è aperta una minuscola crepa nell’obbligo vaccinale, piccola ma significativa. Come riporta Indipendente,  secondo i giudici del Tribunale amministrativo regionale (TAR) Lombardia, i professionisti legati al mondo sanitario  che rifiutano il vaccino anti-Covid non possono essere sospesi dall’Ordine ma, anzi, devono essere messi in condizione di poter svolgere il proprio lavoro da remoto. Se da un lato il TAR, in linea con la Corte costituzionale, sembrerebbe giustificare il “temporaneo sacrificio dell’autonomia decisionale degli esercenti delle professioni sanitarie” in ordine alla somministrazione del vaccino, dall’altro pare aprire uno spiraglio all’alternativa telematica.

La sentenza n. 109/22 del primo grado della giustizia italiana fa leva sulla discrezionalità relativa all’interpretazione dell’articolo 4, comma sesto, del decreto legge 44/2021, convertito poi nella legge 76/2021. Secondo la norma, la vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2 costituisce requisito essenziale per l’esercizio del lavoro da parte “degli esercenti di professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario”. La sentenza del TAR reinterpreta parte della disposizione alla luce di un principio di matrice europea, secondo cui fra le scelte necessarie a soddisfare l’interesse pubblico bisognerebbe adottare “l’opzione meno gravosa per i soggetti interessati, evitando sacrifici inutili” e mantenendo dunque una certa proporzione fra il fine e i mezzi, fra l’interesse pubblico e le misure impiegate per il suo perseguimento.

Questo significa che, se esistono alternative che permettono di svolgere la professione senza entrare in contatto con il pubblico, come l’assistenza telefonica, la telemedicina, o simili, sono accessibili ai medici che non abbiano rispettato l’obbligo vaccinale.  Una possibilità limitata, ma un primo spiraglio piccolo, che speriamo si allarghi.

 


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