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Economia

Spagna: legge anti blackout bocciata. Governo Sanchez in caduta libera

La Spagna è nel caos: la bocciatura della legge “anti-blackout” svela la fragilità del governo Sánchez, privo di maggioranza e paralizzato. Un’analisi della crisi politica spagnola e delle sue conseguenze.

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La Spagna è stata teatro di un drammatico scontro politico culminato nella bocciatura della cruciale legge “anti-blackout, evidenziando la crescente fragilità del governo di Pedro Sánchez e la sua maggioranza. Il provvedimento, volto a scongiurare futuri blackout energetici dopo quello che ha lasciato nell’oscurità la penisola iberica il 28 aprile, è stato respinto in un voto parlamentare straordinario, nonostante le pressioni delle aziende del settore energetico.

La vicenda ha preso una piega inattesa quando Podemos, uno dei partner di governo, ha annunciato il suo voto contrario. La formazione di sinistra ha giustificato la sua decisione sostenendo che le misure proposte avrebbero favorito un “oligopolio” energetico, con Iberdrola ed Endesa in primo piano, piuttosto che garantire una maggiore stabilità al sistema. Fonti del partito hanno rivelato che l’esecutivo non aveva nemmeno tentato di negoziare con loro per modificare la loro posizione.

La speranza del governo si è quindi rivolta al Partito Popolare (PP), che però ha scelto di non “salvare” Sánchez. Il PP ha ribadito che non era compito dell’opposizione soccorrere il premier dall’abbandono dei suoi stessi alleati. La decisione del PP è stata comunicata solo durante il dibattito, aumentando la tensione in aula e facendo una pessima sopresa a Sanchez, che è caduto dal pero come un frutto maturo. Il risultato è stato netto: la legge, nonostante avesse ricevuto il plauso anche di Greenpeace per alcune misure sullo sviluppo sostenibile, è stata affossata.

Questa sconfitta non è stata l’unica per l’esecutivo. Anche Junts per Catalunya, un altro alleato cruciale ma sempre più insofferente, ha votato contro il decreto elettrico e persino contro quello relativo ai trasferimenti di fondi alle comunità autonome, infliggendo un duro colpo alla stabilità governativa e dimostrando che i suoi voti non sono affatto un “assegno in bianco”. Il tutto mentre le inchieste sulla corruzione stanno andando avanti e potrebbero coinvolgere altri politici socialisti.

Sara Aagesen , ministro della transizione ecologica

Un governo fantasma, una Spagna politicamente allo sbando

La bocciatura del decreto “anti-blackout” è solo l’ultimo, amaro, capitolo di una legislatura in rovina che sta evidenziando la totale paralisi politica del governo di Pedro Sánchez. L’esecutivo non ha più alcuna capacità di azione politica, non rappresenta nulla e manca di una maggioranza stabile e affidabile al Congresso dei Deputati.

La sua incapacità di presentare un bilancio generale dello Stato e la sua crescente debolezza aumentano le pretese dei suoi partner, mentre il sistema parlamentare si deteriora giorno dopo giorno. Sánchez aveva dichiarato che avrebbe governato con o senza il potere legislativo, ma la realtà è che sta governando senza essere in grado di approvare leggi significative, se non quelle che premiano i nazionalisti o quelle sostenute, ironia della sorte, dal Partito Popolare. In una democrazia parlamentare, governare senza la capacità di promuovere una legislazione adeguata è una frode politica ai danni dei cittadini, che vanno alle elezioni per legittimare un governo, non l’occupazione del potere senza fare nulla.

Recentemente, il governo ha dovuto addirittura ritirare due importanti proposte di legge, quella sulla riduzione dell’orario di lavoro e quella sulla riforma dell’accesso alla carriera giudiziaria, dimostrando la sua totale mancanza di controllo sull’agenda legislativa. Il Parlamento è politicamente morto, e la sessione plenaria di martedì scorso ne ha condotto l’autopsia. La presenza continua di Sánchez a Palazzo Moncloa è, di fatto, una frode democratica. Egli non possiede i requisiti necessari per esercitare le sue funzioni costituzionali, non solo per l’assenza di una maggioranza, ma anche per aver perso la legittimità funzionale del suo incarico. In realtà il governo resta al suo posto solo per pagare stipendi a ministri e assistenti che, altrimenti, sarebbero disoccupati. Come accade spesso in tanti paesi europei e anche a Bruxelles.


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