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“Sovranisti de noantri.” di R. SALOMONE-MEGNA

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Il Governo del cambiamento, Movimento Cinque Stelle-Lega, che tante aspettative ha destato negli Italiani, comincia a mostrare un volto diverso, molto diverso da quello primigenio, tanto da potersi definire Governo dello “status quo”.

Non mi riferisco solamente al fatto recente che, grazie al voto determinante degli eurodeputati del Movimento Cinque Stelle, sia stata eletta come presidente della C.E. Ursula von der Leyen, ma anche alle politiche proposte da Salvini.

Procediamo con ordine.

La candidata di frau Merkell si è presentata come una strenua assertrice delle politiche dell’austerità sino ad ora imposte ai popoli europei, nonostante la loro palese inefficacia e che abbiano inflitto solamente grandi dolori e sacrifici alle genti.

Aver votato per lei ha significato quindi continuare imperterriti sulla stessa linea di Juncker & C.

E quello che trovo veramente scandaloso non è il voto in sé per sé, ma è il sostegno dato dal Movimento Cinque Stelle “aggratìs”, come si dice dalle nostre parti, senza che ci sia una qualche visione strategica, una qualche contropartita per l’Italia.

Questo è l’aspetto più grave di tutta la vicenda: l’assoluta mancanza di una valutazione di lungo periodo degli interessi nazionali.

In definitiva, non sono indignato perché hanno votato il candidato della Merkel, tanto un candidato vale un altro, ma per il voto senza un perché.

Nel contempo è del tutto palese che l’Unione Europea non è modificabile dall’interno.

Non ci sono più scuse o illusioni: per il prossimo futuro, rectius quinquennio, non dobbiamo aspettarci nulla di buono se non le solite ricette deflazionistiche “lacrime e sangue” ( vedi Grecia).

Ma altri passi possono essere fatti per cambiare l’attuale situazione italiana di decrescita infelice, tutti passi che dipendono da scelte politiche endogene e non dalle satrapie di Bruxelles.

Un elenco indicativo, anche se non esaustivo delle cose a farsi:

– ridiscutere il fiscal compact, che è in contrasto con i trattati europei;

– creare una banca pubblica e partecipare alle aste di collocamento dei titoli di debito italiano con i soldi ad interesse negativo presi dalla BCE;

– eliminare il sistema delle aste marginali;

– sostituire i BTP, titoli eminentemente speculativi, con CCT,da collocare presso le famiglie;

– avviare i mini BOT per saldare il credito delle imprese nei confronti dello stato;

– ridiscutere l’accordo di Dublino;

– ulteriore riduzione dei permessi speciali per i migranti.

Come si può vedere, tanto può essere fatto, ma nulla viene fatto, anche se dipende solo da noi italiani.

Parlando poi della Lega ci dobbiamo porre una domanda: “si può essere sovranisti e nel contempo autonomisti?”

Secondo Althusius forse, secondo Giovan Battista Vico no.

Io sono in accordo con il parere dell’illustre pensatore campano.

L’autonomia regionale differenziata che Salvini vuole attuare, anche minacciando una crisi di Governo, è un progetto nato con D’Alema, portato avanti da Amato, reso attuabile da Letta e negoziato da Gentiloni.

Già il nome degli artefici, tutti convinti assertori del globalismo neoliberista europeo, dovrebbe mettere in guardia chi a parole ritiene che al di sopra di tutto ci debba essere la Costituzione Italiana.

L’autonomia regionale, così come si configura, è sicuramente assolutamente legittima, ma è anche incontrovertibilmente il “de profundis” delle velleità di liberarsi dai vincoli di Mastricht e da accordi capestro, minando alla base il principio westfaliano della sovranità dello stato nazionale.

Siamo quindi arrivati al “redde rationem”.

Essere sovranisti non significa far eleggere Borghi, Bagnai, Rinaldi o proporre in ruoli chiave Barra Caracciolo e Savona, se poi vengono costretti all’immobilismo e le loro indicazioni non attuate.

Così come non sortiscono alcun effetto sulle sorti del popolo italiano le sterili scaramucce con la ONG di turno, se non vengono affrontati i veri nodi del problema, sommariamente già elencati.

Giuseppe Tomasi principe di Lampedusa, nel suo capolavoro “Il gattopardo”, faceva dire a Tancredi Falconieri un principio  mai smentito dagli eventi storici italiani dal risorgimento ad oggi: “Affinchè nulla cambi, devi cambiare tutto”.

Da italiano e patriota spero di sbagliare, ma tant’è.

Raffaele SALOMONE-MEGNA

 


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