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Situazione dei Trasporti Aerei Italiani. Prospettive per l’Italia viste da un esperto

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Tanto in Europa quanto in Italia, si sta delineando una problematica relativa al trasporto aereo. Al fine di fare chiarezza, ci siamo rivolti ad un affermato professionista, Daniele Fazari, Consulente Aeronautico e consulente tecnico forense in procedimenti civili penali e militari, nonché consulente imprenditoriale.

Cosa sta succedendo al trasporto aereo in Italia? Si può parlare di crisi?
Il trasporto aereo italiano negli ultimi anni non è mai stato in crisi. Le uniche crisi di cui è corretto parlare, sono quelle che hanno colpito solo i vettori aerei Italiani. Il nostro è un buonissimo mercato. Il fatto che per i vettori low-cost l’Italia sia la prima fonte di entrata, ne è la dimostrazione.

Quindi in Italia i privati stranieri low-cost proliferano a danno delle Compagnie Italiane?
Il problema principale sono gli aiuti economici che i gestori aeroportuali, mediante fondi regionali, offrono ai vettori low cost o ad alcuni di loro. Commercialmente si chiama co-marketing: i vettori s’impegnano a garantire l’apertura di nuove tratte nazionali ed internazionali sul territorio e le Regioni le ringraziano a suon di compensi milionari di soldi pubblici per un determinato periodo di tempo. Non solo, oltre a questi fondi, i gestori aeroportuali, s’impegnano a scontare fortemente i servizi di assistenza di scalo e, in alcuni casi, addirittura coprono i costi che sono di per sé in carico ai vettori (le spese di panino e bibita in caso di ritardo del volo o del trasporto in autobus verso altro aeroporto in caso di dirottamento). Pertanto, si ha una disparità di trattamento rispetto ai vettori
nazionali classici molto evidente.

Quali Compagnie aeree abbiamo oggi in Italia e quale situazione stanno vivendo?
Ad Aprile 2020, secondo quanto riportato all’interno del sito ufficiale ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), in Italia si contano sette Compagnie in possesso di regolare certificato di operatore aereo: Air Dolomiti, Air Italy, Alitalia, Alitalia City Liner, Blue Panorama, Ernest e Neos. A Gennaio 2020, a seguito della sospensione momentanea della licenza di operatore aereo, Ernest ha dovuto interrompere le operazioni di volo, come intimato dall’ENAC . A Febbraio 2020, Air Italy (ex. Meridiana) dopo cinquantatré anni di storia, è stata liquidata in bonis, ovvero: chiusura totale del vettore e pagamento dei debiti. Alitalia e Alitalia City Liner, dal Maggio 2017, versano in regime di amministrazione straordinaria. Ne consegue che, le uniche Compagnie aeree regolarmente operanti esenti da “limitazioni”, risultano essere: Air Dolomiti (posseduta al 100% dalla tedesca Lufthansa), Blue Panorama (Gruppo UVET) e NEOS (Gruppo Alpitour).

Sarebbe d’accordo con l’affermazione che Air Italy (ex Meridiana) abbia interrotto le operazioni ai primi sentori di coronavirus, oppure ci sono cause imputabili ad altre realtà?
Prima di trattare nello specifico la materia, vorrei precisare che, quando ci riferiamo ad Air Italy, in realtà parliamo della ex Meridiana la quale è esistita dal Marzo 1963 al Febbraio 2018. Una Compagnia aerea privata con alle spalle una storia di ben cinquantatré anni costellati di successi importanti. Inoltre, sarebbe opportuno ricordare che – sempre Meridiana – rimane l’unico vettore aereo al mondo a non aver mai subìto incidenti. E questo, mi si lasci dire, grazie alla preparazione, all’addestramento rigoroso ed alla professionalità di tutto il personale che vi lavora e vi ha lavorato. È solamente a partire dal Febbraio 2018 che Meridiana ha assunto il nome Air Italy. Ciò anticipato, tornando alla domanda, osservo che, la decisione di cessare le operazioni e la conseguente messa in liquidazione in bonis, è avvenuta in data 11 Febbraio 2020. Dunque, un mese prima che si diffondesse la pandemia. D’altra parte, evidenti segnali d’allarme relativi all’andamento catastrofico della gestione di Air italy – a guida Qatar Airways dal 2017 nonostante quest’ultima figurasse come socia di minoranza – erano stati emanati da più fonti (anche sindacali). Quindi, concludo che non sono d’accordo con la versione che Air Italy abbia chiuso a causa del corona virus.

Quatar Airways in quella che era la vecchia Meridiana, ha portato al fallimento Air Italy? Ricorda un po’ la presenza degli arabi di Etihad in Alitalia.
L’avventura Qatar Airways in Meridiana, ebbe inizio sul finire del 2017, su presentazione del Governo di allora (P. Gentiloni 12 Dicembre 2016 – 01 Giugno 2018). La natura dei rapporti tra Qatar e Stati Uniti d’America, agevolò l’ingresso di Qatar Airways in Meridiana e, di lì a poco, come riportato prima, in breve nacque Air Italy. Da quel momento in avanti, tutto andò storto: riduzione della flotta a causa del ritiro di aeromobili per i quali erano stati previsti nuovi ingressi mai ottenuti nella misura necessaria alla domanda, travaso di vecchi aerei Quatar Airways sotto corresponsione di rate di leasing al doppio del prezzo di mercato; cancellazione di rotte redditizie e ricorso al noleggio di aerei con equipaggio di altri vettori.
L’insieme di tutti questi fattori, ha determinato una vertiginosa impennata delle uscite e la consequente chiusura del vettore. È esattamente così che sono stati fatti svanire 53 anni di gloriosa storia. E pensare che Meridiana, era riuscita a superare diverse crisi ivi inclusa quella devastante post 11 settembre 2001.

Dopo 3 anni di amministrazione straordinaria, Alitalia ancora versa in pessime acque. Vorrebbe offrirci una lettura chiara degli avvenimenti?
Alitalia è in amministrazione straordinaria per la terza volta, così come per la terza volta verrà fatta rinascere. Il covid-19 ha acceso un faro importante sul fatto che ogni nazione europea abbia un proprio vettore di riferimento pubblico. Infatti, il settore del trasporto aereo Italiano, è un settore essenziale e strategico che permette la mobilità di cittadini e lavoratori nell’Italia e nel mondo. Ma è innegabile che vi siano delle differenze di trattamento tra noi e gli altri stati europei i quali non hanno esitato ad elargire enormi somme per il mantenimento in attività dei vettori: la Francia per AirFrance con 10 miliardi, l’Olanda per KLM con cifra analoga, la Germania per Lufthansa e TUI (che è privata); il Belgio ha nazionalizzato la Brussels Airlines, senza contare gli altri interventi di varia natura riguardanti i molteplici vettori europei che non ho citato.

A seguito dell’ipotesi di nazionalizzazione di Alitalia, si è parlato di una Compagnia ancora più piccola di come è stata attualmente ridotta, avente un esiguo numero di dipendenti, munita di una flotta minimale, qualcosa tra i trenta ed i cinquanta aeromobili. Qual è il suo punto di vista?
Desidero precisare che leggendo l’Art.79 del decreto “cura Italia” si evince che l’unico settore che potrebbe essere interessato dal processo di nazionalizzazione sia quello aereo. In precedenti miei scritti, ho specificato come un ridimensionamento così forte del vettore sarebbe uno sbaglio strategico. Lo pagheremmo a caro prezzo. Tanto per fare un esempio, si pensi ai processi di Phase-Out e Phase-In. Nel primo caso (phase-out), alienare un aeromobile dalla flotta, è questione di qualche firma e, nel giro di pochi giorni, l’operazione è fatta. Mentre invece, per inserire in flotta un nuovo aeromobile (phase-in), l’operazione è estremamente lunga. Sono necessari mesi di pratiche, passaggi burocratici, senza contare tutte le fasi tecniche indispensabili da espletare sotto stretto controllo. Senza contare che entrambe le fasi comportano, a loro volta, periodi operativi onerosi, ossia: la messa in non operatività del personale di volo nel caso di alienazione (phase-out); oppure il reintegro per cicli addestrativi in caso di immissione (phase-in). Fermare una macchina produttiva per ridimensionarla secondo quanto apparso sulla stampa, comporterebbe dei costi superiori. Non solo! Vi è il rischio di perdere slot su aeroporti nazionali e internazionali importanti. E sappiamo bene che riaccaparrare slot perduti prosciuga le casse. Oltre a quanto sin qui evidenziato, va considerata la delicatissima questione relativa alla programmazione dei voli. Per svolgerla al meglio possibile, sono necessari non meno di dodici mesi. Affinché il network possa combaciare con la rotazione delle macchine, è indispensabile prevederne anticipatamente i cicli manutentivi, rispettando i flussi dell’alta e della bassa stagione, in gergo Winter-Season (Ottobre-Marzo) e Summer-Season (Aprile-Ottobre). A puro titolo di esempio, i voli estivi per l’anno 2022 vengono programmati con due anni d’anticipo, a partire dal 2020; e chiusi entro il primo semestre del 2021. Tutti questi elementi, devono essere considerati nel loro insieme ed inseriti in una
cornice di mercato. E così scopriamo che se nei periodi di crisi solitamente si effettuano acquisti, in quelli di piena attività, si fa concorrenza. Pertanto se non si ha alle spalle una strategia importante, il rischio di rimanere travolti dal mercato e chiudere entro sei mesi, si fa reale. Dunque è necessario non essere colti impreparati. Bisogna puntare alla crescita  del vettore e del personale al fine di rendere produttiva una società che opera in un  contesto di mercato (quello Italiano) ricco e vantaggioso per la bellezza del territorio e per  la presenza di importanti realtà industriali.

Suggerisce un cambio di rotta? Come affronterebbe un percorso virtuoso e produttivo?
In ambito strategico e commerciale, è ben noto che nei periodi di crisi si fanno gli affari migliori. Sono certo che da oggi al giorno dell’effettiva ripresa del settore, non saranno poche le Compagnie ad averci rimesso del tutto a vantaggio della concorrenza.

In Italia vi è un forte mercato, affermava poco fa. Perché allora Alitalia in questi anni ha avuto solo problemi economici arrivando a subire tre fallimenti e rispettive vendite?
Come già abbondantemente evidenziato da stampa e magistratura, Alitalia soffre di  ben circoscritti problemi, riassumibili in: pessima capacità di gestione; sfrenata concorrenza delle Compagnie private low cost; sfavorevoli contratti di leasing e, per finire, asfissianti contratti per l’approvvigionamento del carburante. Senza contare che la flotta è passata da duecentoquaranta a meno di cento aeromobili, ed il personale è stato dimezzato. Questa contrazione ha fatto sì che negli anni Alitalia perdesse mercato e diventasse meno concorrenziale. Negarlo è una follia.

Intende dire che la contrazione della flotta abbia contribuito ai fallimenti?
Il business nel trasporto aereo si fa con gli aerei. Nell’ambito di un piano di crescita concorrenziale, si deve gradualmente puntare allo sviluppo della flotta e pure del personale, è logico, no? Altrimenti che network puoi avere? Ridimensionare continuamente un vettore, cioè sottrarre pezzi di volta in volta, vuol dire privarlo di produttività. Negli ultimi dieci anni Alitalia è sempre stata ridotta nel numero degli aerei e del personale, e il risultato ottenuto agli occhi di tutti è evidente.

Quale sarebbe il suo modello di Compagnia virtuosa?
In data 2 Aprile 2020, ho inviato al Presidente del Consiglio ed ai Ministri dei Trasporti, del Lavoro e dell’Economa, un documento da me stilato volto alla riorganizzazione ed al rilancio di Alitalia. All’interno, spiego come ottenere la modifica strutturale dell’attuale assetto organizzativo societario, indicando come sbarazzarsi delle zavorre ed incrementare le potenzialità dei vari asset produttivi; come curare la strategia di cui sino ad oggi non si è vista traccia; come aumentare la flotta, indicando i vari modelli aerei da inserire per le diverse rotte. In questo piano non vi sono esuberi. Quelli li lascio ai manager. Io punto sull’ampliamento e la produttività.

Papillon
Roma, 21 Aprile 2020 – Per Osservatorio Aviazione


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