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Economia

Secondo il ministro Urso Italia deve tornare al nucleare

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Il ministro italiano delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, parlando di sviluppo ha sottolineato che l’energia è la prima delle industrie, senza la quale non può esserci crescita. Per questo motivo il governo si appresta a presentare una legge delega sul nucleare, che permetta di realizzare i moderni reattori installabili a richiesta delle imprese e senza gravi impatti ambientali. ” Il ministro è convinto da tempo che la soluzione per risolvere i suoi problemi di approvvigionamento energetico sia da cercare nell’energia nucleare.

Il ministro, in una lunga intervista a “Il Messagero” ha detto: “L’Italia del miracolo economico credeva nel futuro e nella scienza, eravamo la terza potenza nucleare civile dopo Usa e Unione Sovietica e la terza nazione a lanciare un satellite nello spazio, dopo le due superpotenze. Dobbiamo credere nelle nostre capacità di guidare lo sviluppo come vi hanno creduto le generazioni che ci hanno preceduto“.

Urso ha continua nella sua intervista spiegando: “Abbiamo investito oltre 7 miliardi sul comparto spaziale per essere i protagonisti nella Space Economy, che ci consentirà di governare meglio anche la transizione green“. L’obiettivo del ministro, che ha parlato anche della necessita che l’Europa cambi approccio per modificare quelle “regole che non rispondono alla realtà dell’economia produttiva” E per questo motivo, il ministro ha presentato, a novembre, alla commissione europea un non paper sull’auto per rivedere le norme che impongono lo stop, in tutta Europa, ai motori endotermici entro il 2035.

Siamo in un Paese che ha abbandonato la produzione di energia elettrica da fonte nucleare quasi quarant’anni fa, a seguito di un referendum tenutosi sull’onda emotiva dell’incidente di Chernobyl, nel quale il dibattito sull’energia nucleare è stato riaperto per un breve periodo attorno al 2010 per poi chiuderlo definitivamente dopo un altro referendum a valle dell’incidente di Fukushima. Si potrebbe pensare, quindi, che la ricerca scientifica e il tessuto industriale non avrebbero avuto alcuna motivazione o interessi sufficienti per continuare a lavorare e investire nel settore nucleare.

Invece, basta analizzare il caso italiano per rendersi conto che nel nostro Paese, paradossalmente, gli enti di ricerca depositari delle competenze tecniche nel settore e le principali industrie che negli anni ‘80 avevano nel nucleare il proprio core business, hanno mantenuto, anche se non con lo stesso impegno precedente, il loro posizionamento in campo internazionale, partecipando alle più importanti iniziative nel settore della ricerca e sviluppo dell’energia nucleare.  L’Italia è infatti uno dei Paesi leader nel programma europeo della fusione, secondo solo alla Germania nella quota di attività che, tramite il consorzio EURO fusion, EURATOM finanzia per lo sviluppo di tale tecnologia: la compagine italiana, coordinata da ENEA, è costituita da oltre 20 soggetti, sia pubblici che privati, che rappresentano una realtà molto attiva che spazia dai principali enti di ricerca.

D’altra parte anche il responsabile energia di Fratelli d’Italia, Nicola Procaccini, copresidente dell’Ecr al parlamento europeo, durante gli Stati generali dell’energia, a Sabaudia a Novembre aveva espressamente citato la fusione nucleare come fonte a cui guardare con grande interesse per il futuro. :”La fissione nucleare, anche se ancora necessaria e utile, è una tecnologia del passato, la fusione invece è quella del futuro. E’ una tecnologia pulita, rinnovabile e sicura. Dobbiamo puntare, credere e investire su questa tecnologia. Risolverebbe anche problemi di conflittualità mondiali. Crediamo in una nuova ecologia, possibile e pragmatica, che non impedisce di sognare: l’energia delle stelle, quella nucleare da fusione. Con il nucleare da fusione l’Italia guarda al futuro per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità. Lo fa attraverso un’energia pulita e illimitata sprigionata dalle stelle, capace di cogliere la suggestione dell’atto creativo dell’universo.”

L’attenzione oggi, in realtà non solo in Italia ma un po’ in tutto il mondo, come ha detto anche il ministro Urso, è per i mini reattori nucleari modulari (SMR) che si avvalgono di tecnologie di terza generazione: sono molto più piccoli degli impianti tradizionali (grandi meno della metà di un campo da calcio) e sono considerati più sicuri, perché hanno sistemi automatici per il raffreddamento del reattore – che continua a produrre calore anche dopo lo spegnimento – con l’utilizzo di acqua e senza bisogno che intervenga un operatore. Le dimensioni più contenute consentono di poter costruire questi moduli all’interno di capannoni industriali per poi essere trasportati e assemblati nei luoghi dove deve essere istallato un impianto.

 

Anche l’ad di Eni, Claudio De Scalzi al recente forum della coldiretti a novembre a Roma aveva espressamente detto che il nucleare “è l’unica soluzione” per una decarbonizzazione delle nostre economie. “Se iniziamo adesso a sviluppare centrali di terza generazione, perché la quarta è più lunga, dobbiamo trovare posti, siti, deve essere accettato, e pensare che costano molto, 4-5 volte a parità di potenza a quello che costa una centrale a gas. È un qualcosa che si può fare, bisogna essere rapidissimi, bisogna trovare i finanziamenti oppure impegnare un capitale provato con delle regole sicure e la sicurezza di poterle fare. Come Eni, noi siamo impegnati non nella fissione ma nella fusione da più di 10 anni. Il nucleare deve essere fatto, dobbiamo decarbonizzare tutto quello che è industrialmente pesante, ma dobbiamo essere rapidissimi“, ha detto nel suo intervento Descalzi.


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