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Russia e USA mettono a rischio il prezzo del gasolio in Europa

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Il prezzo del carburante, gasolio in particolare, rischia di ricevere un’ultieriore spinta verso l’alto da due diverse notizie provenienti da Russia e USA che mostrano come la de-industrializzazione europea renda il Vecchio Continente debole e fragile.

Iniziamo ds Mosca. La Russia è riuscita ad abbassare i prezzi all’ingrosso della benzina con l’attuazione del divieto di esportazione di diesel.

La Russia si è mossa per vietare l’esportazione di diesel a partire da ottobre, includendo tutti i carichi dai porti del Mar Nero e del Mar Baltico. Il divieto faceva parte di uno sforzo del governo per stabilizzare i prezzi del carburante interno. Si prevedeva che il divieto russo sulle esportazioni di diesel avrebbe ulteriormente restringuto il già ristretto mercato globale dei distillati prima dell’inverno, un periodo in cui si prevede che la domanda aumenterà. I prezzi del diesel in Europa sono aumentati dopo l’annuncio del divieto.

La mossa funziona:  in Russia, i prezzi del diesel sono scesi del 4,97% lunedì, a 59.130 rubli per tonnellata, secondo la Borsa mercantile internazionale di San Pietroburgo (SPIMEX). Il vice primo ministro russo Alexander Novak ha dichiarato durante il fine settimana che il divieto di esportazione di carburante stava già iniziando a produrre risultati, ottenendo prezzi più bassi di benzina e diesel. La benzina all’ingrosso Ai-92 è scesa dell’1,94% solo lunedì, a 56.945 rubli per tonnellata, ovvero 576,45 dollari per tonnellata.

Il divieto autoimposto dalla Russia all’esportazione di carburante è ironico in quanto l’Unione Europea si è mossa per fermare le importazioni russe via mare di carburante all’inizio di quest’anno per frenare le entrate della Russia dal petrolio greggio e dai suoi prodotti, nel tentativo di indebolire il suo tesoro di guerra. I prezzi europei del carburante sono aumentati dopo il divieto sulle importazioni di carburante russo, e ora sono aumentati di nuovo a causa del divieto russo.

Ora passiamo agli Stati Uniti: quasi 2,5 milioni di barili al giorno di capacità di raffinazione petrolifera andrà fuori servizio negli USA per un insieme di manutenzioni importanti che vengono a sovrapporsi, riferisce Bloomberg, e il taglio potrebbe proseguire il prossimo anno.

In quella che Bloomberg descrive come la stagione di manutenzione “più pesante” da prima della pandemia di COVID-19, tra settembre e dicembre di quest’anno, gli Stati Uniti perderanno quasi 2,5 milioni di barili al giorno di capacità di raffinazione, citando i dati di Energy Aspects LTD.

Quei 2,5 milioni di barili giornalieri rappresentano un aumento dell’11% della capacità offline rispetto allo stesso periodo del 2022.

Le riduzioni della capacità di raffinazione arrivano quando l’Energy Information Administration (EIA) pubblica dati che mostrano che le esportazioni statunitensi di prodotti petroliferi hanno raggiunto quasi 6 milioni di barili giornalieri nella prima metà di quest’anno, in aumento del 2% rispetto allo stesso periodo del 2022.

Di questi aumenti nel primo semestre del 2023, il propano è stato il “più esportato”, con una media di 1,5 milioni di barili al giorno. Negli ultimi quattro anni, l’EIA afferma che le esportazioni di propano sono state alla base dell’aumento delle esportazioni complessive di prodotti petroliferi statunitensi, in particolare con le esportazioni verso l’Asia e secondariamente verso l’America centrale e meridionale.

Quindi due eventi apparentemente scollegati, ma coincidenti, rischiano di mandare i prezzi del gasolio e dei carburanti alle stelle, proprio mentre l’Europa sta ancora affrontando le ultime fasi di una pesante crisi energetica. Questi eventi peseranno sul prezzo del gasolio che a sua volta influenzerà l’inflazione. Vedremo se la BCE ne capirà le cause e se gli stati nazionali abbandoneranno le demagogie green della commissione e ricominceranno ad ingrandire gli impianti di raffinazione.


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