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Dopo una provocazione ci vuole freddezza. Il vile attentato contro la Russia ad Ankara

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Si, dobbiamo essere freddi. Tutti. Anche se in certi momenti è davvero difficile. Oggi è il governo russo a dover dimostrare freddezza, estrema freddezza. Anche se è difficile: tutto lo staff di SE esprime fin d’ora il suo sdegno per l’ignobile assassinio dell’ambasciatore russo in Turchia.

Ora alcune considerazione: questa è stata una chiara provocazione alla Russia per determinarne una reazione inconsulta. Purtroppo ciò capita contemporaneamente a numerosi macro eventi globali, tra gli altri il salvataggio bancario in EU, il salvataggio della stessa EU in via di frammentazione, l’epilogo della guerra in Siria e la formalizzazione dell’elezione di Donald J. Trump in USA solo per citarne alcuni (…). Evidentemente può esistere un nesso tra quanto accade nel mondo e l’ignobile assassinio perpetrato in Turchia, almeno nelle tempistiche (attenzione, non è detto che il motivo sia da ricercare in quello che ha urlato l’attentatore, per altro inopinatamente ucciso dalle forze speciali turche).
Non conosciamo chi siano i mandanti ma siamo certi che è una provocazione. Parimenti non siamo tuttora informati delle innegabili connivenze che hanno portato l’omicida ad essere a pochi metri dall’ambasciatore, armato, senza controlli. Un’operazione da manuale tanto che, probabilmente, va addirittura oltre alle capacità “operative” turche.

Una provocazione studiata nei particolari.

L’unica cosa che si deve fare in questi momenti è ragionare freddamente, cosa possibile se si è esterni agli eventi, molto difficile se si è parte lesa. Dunque, ci spingiamo a consigliare all’apparato russo di evitare reazioni quanto meno fino all’epilogo de macro eventi in corso, diciamo per semplicità fino a fine gennaio prossimo.
La cosa importante sarà però non la sostanza – siamo pressochè certi che non ci sarà un reazione immediata lato russo – ma la forma. Ossia, onde evitare una escalation di provocazioni e, perchè no, di false flag, sarà necessario provvedere per via mediatica a tranquillizzare anche mediaticamente gli animi limitandosi non solo ad una semplice analisi congiunta turco-russa dei fatti ma addirittura chiarendo che Erdogan rischia di essere una vittima tanto quanto i russi (in effetti molto probabilmente lo è).

Questo semplicemente per depotenziare successive provocazioni atte a raggiungere, non fosse bastata la prima, il risultato desiderato (c’è lo aspettiamo purtroppo). Ossia il caos.

Chi scrive è perfettamente convinto che le guerre, tutte le guerre, nascano da motivi di interesse particolare. Oggi siamo precisamente in uno di questi momenti, che gli economisti hanno parallelamente battezzato Minsky moments. Ossia dove le soluzioni socio-economiche tradizionali [pacifiche] non funzionano. Da qui la necessità di un grande rimescolamento, che spesso in termini storici ha avuto carattere schumpeteriano (…).

Appunto, spesso tale rimescolamento ha portato a guerre, forse proprio per volontà specifica da parte di chi o si sente in qualche modo responsabile della gravosa e spesso irrisolvibile (per via pacifica) situazione o semplicemente per un interesse particolare.
Oggi dobbiamo ancora capire quali siano gli interessi dietro tale attentato, chiaramente destabilizzante.
Dunque non bisogna cadere nel tranello. E soprattutto bisogna mettere in chiaro che, a maggior ragione, eventuali successive azioni destabilizzanti non concretizzeranno alcuna reazione da parte della parte lesa, almeno nei prossimi mesi.

Poi vedremo. Oggi c’è troppa confusione per reagire.
Ci auguriamo che, nell’interesse della pace mondiale, questi consigli vengano ascoltati. Per diventare il più grande statista de secolo bisogna sapere prendere le decisioni giuste in situazioni difficili.

Mitt Dolcino


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