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Analisi e studi

Rame a 10.000 Dollari/Ton: la corsa frenetica che sta sconvolgendo il mercato globale!

Il rame ha superato i 10.000 dollari a tonnellata, scatenando il panico sui mercati globali. Tra dazi imminenti, scorte ai minimi storici e una “corsa all’oro rosso” senza precedenti, il metallo cruciale per la tecnologia e l’energia è al centro di una crisi che minaccia l’economia mondiale.

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Il prezzo del rame a Londra ha raggiunto i livelli più alti dell’anno, sfiorando i 10.000 dollari a tonnellata, spinto da una corsa frenetica per accaparrarsi scorte sempre più scarse. La domanda globale, alimentata dal timore di dazi doganali negli Stati Uniti, sta sconvolgendo il mercato, con ripercussioni su trader, fonderie e persino sulla stabilità del London Metal Exchange (LME).

Le scorte di rame nei magazzini globali dell’LME sono crollate al livello più basso dal 2023, a causa di un massiccio trasferimento di metallo dall’Europa e dall’Asia verso gli Stati Uniti.

Questo movimento è stato innescato dalla prospettiva di dazi sull’importazione, ipotizzati dall’amministrazione Trump, che potrebbero colpire il rame, un metallo cruciale per settori come energia, tecnologia e trasporti. Comunque le cose non sono molto diverse al CME, dove i prezzi sono in dollari alla libbra (454 grammi)

Grandi case di trading come Mercuria e Vitol stanno intensificando la competizione per le scorte, cercando di espandere il loro business nei metalli di base. Tom Price, analista di Panmure Liberum, ha definito il rame “il mercato più emozionale al momento”, evidenziando il caos generato da questa corsa al metallo.

Per stabilizzare il mercato, l’LME è intervenuta il mese scorso, introducendo regole più stringenti per i trader con posizioni dominanti, nel tentativo di contenere la volatilità. Un fenomeno significativo è l’inversione del mercato in “backwardation”, un’anomalia in cui il prezzo spot del rame supera quello dei contratti futuri, il che significa che la domanda speculativa attuale è superiroe alle attese future per l’uso industiale. La settimana scorsa, il prezzo spot era di circa 400 dollari a tonnellata superiore al prezzo a tre mesi, il divario più ampio dal 2021.

Questa situazione rappresenta un rischio per i venditori, costretti a consegnare metallo fisico in un mercato con scorte limitate o a rinnovare i contratti a perdita, alimentando il timore di un possibile “short squeeze”, cioè che i prezzi crescano punendo chi ha posizione scoperte e dovrà  comprare rame per coprirle.  Gli analisti di Bank of America avvertono che ciò potrebbe spingere i prezzi ancora più in alto, con i trader in difficoltà che cercano di coprire le loro posizioni. A peggiorare la situazione, interruzioni nella produzione, come l’alluvione che ha colpito la miniera di Kakula di Ivanhoe Mines in Congo a maggio, hanno ridotto ulteriormente l’offerta.

In questa situazione si è inserito anche l’oligopolio:  un singolo acquirente non identificato controllava mercoledì tra il 50% e l’80% del rame disponibile nei magazzini LME, con la possibilità di richiedere la consegna fisica, aumentando la tensione sul mercato. Ovviamente non è chiaro come si sia creata una situazione simile, che rende il concetto stesso di “mercato” abbastanza risibile.

“Non è una crisi, ma il mercato del rame è a un punto di svolta interessante”, ha commentato Alastair Munro, stratega di Marex. La crescente competizione e la scarsità di scorte potrebbero portare a “deficit reali” nei prossimi due anni, secondo Munro.

In un contesto di incertezza economica globale, il rame rimane un barometro cruciale per l’industria e l’energia. La sua corsa al rialzo non sembra destinata a fermarsi, con implicazioni profonde per investitori e consumatori, ma è anche un segnale che l’economia mondiale non è ferma.


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